Varese

“Si aspetta la sera”, Fernando De Maria presenta il suo libro ad Avigno

Sabato 8 giugno, alle 15, all’oratorio di Avigno (accesso libero e gratuito fino ad esaurimento posti), Fernando De Maria presenterà “Si aspetta la sera”, una raccolta di temi per la scuola e racconti di vita e di sport. Fra questi ultimi il ricordo di Gigi Riva

08 Giugno 2024

Sabato 8 giugno, alle 15, all’oratorio di Avigno (accesso libero e gratuito fino ad esaurimento posti), Fernando De Maria presenterà “Si aspetta la sera”, una raccolta di temi per la scuola e racconti di vita e di sport. Fra questi ultimi il ricordo di Gigi Riva che ci ha lasciati lo scorso gennaio.

IL RICORDO DI “ROMBO DI TUONO”
«Le ultime pagine sono per l’ultimo saluto a un campione. Gigi Riva ci ha lasciati la sera del 22 gennaio 2024. A quell’ora la gente si preparava per la cena e la televisione portava nelle case le notizie sui fronti di guerra di Ucraina e Palestina. Rombavano i primi trattori, mentre in Parlamento gli argomenti principali erano il Premierato e l’Autonomia Differenziata. Sembrava una sera come tante: la notizia della morte di Gigi Riva ha spezzato la quotidianità. Per molti di noi Gigi
rappresentava il “sogno: per altri un maestro di vita. Quando muore un personaggio famoso la prima cosa a cui pensano le istituzioni sono i “Funerali di Stato”. Per Gigi Riva nessuno li ha chiesti: neppure i famigliari, pur sapendo che la gente li avrebbe graditi. Trentamila persone hanno partecipato nel pomeriggio del 24 gennaio ai suoi funerali. Ex compagni di squadra, giovani calciatori, gente comune, dirigenti sportivi, l’allenatore Ranieri con il Cagliari al completo e tifosi provenienti da ogni angolo del Paese si sono ritrovati nella piazza antistante la basilica di Bonaria per l’ultimo saluto al calciatore. Qualcuno sorriderà ma, per molti di noi, Gigi Riva, era il simbolo di un’esistenza “perfetta”: un campione capace di anteporre i sentimenti al danaro. Quando, sul finire degli anni ‘60’, Riva sbarcò a Cagliari disse: “Qui non ci rimango neanche mezza giornata…”. Invece, ci è rimasto una vita, legando il suo nome ad una terra che lo avrebbe adottato come un figlio. Ora, nella piazza gremita, il campione raccoglieva quanto aveva seminato: l’affetto della gente. Fiori, striscioni, bandiere, magliette, e vessilli rossoblù accompagnavano il campione verso il paradiso degli eroi. C’era un bel sole: pareva che l’inverno avesse aperto una finestra sulla primavera. Ciò che colpiva, in quel luogo d’incontro, erano il silenzio e la commozione; come se ciascuno avesse perduto una persona cara: una perla da conservare nell’intimo. Quella perla erano i suoi ricordi; frammenti di una vita come tante, nella quale erano passati il dolore per la tragica scomparsa del padre quand’era bambino, i sacrifici della madre,(la mamma era operaia in una filanda e arrotondava le entrate facendo le pulizie nelle case. Alla sua morte venne cresciuto dalla sorella Fausta), gli studi e le fughe da collegi definiti “cattolici”; le partite all’oratorio di Leggiuno, gli esordi nel Laveno e il vagabondaggio per i tornei serali. Proprio in uno di quei tornei venne notato da un osservatore che lo segnalò al Legnano. Due stagioni con i “lilla” poi il passaggio a Cagliari dove il campione avrebbe portato con sé le radici. Ora, “il gladiatore” lasciava l’arena accompagnato dalle sue gesta: il coraggio e la determinazione sui campi di calcio e la discrezione nella vita di tutti i giorni. Fra le mille immagini che portavano Riva nelle nostre case dalla sera del 22 gennaio, ce n’erano tre che sopravanzavano le altre: la festa dei cagliaritani per lo scudetto del ‘70’, il gol in rovesciata a Vicenza e la quiete del campione seduto, di spalle, sulla riva del mare. Simboleggiavano la gioia divisa con gli altri, la perfezione del gesto tecnico e la ricerca di pace nei momenti di solitudine. Forse, la stessa pace che il “ragazzino” di Leggiuno vide dall’alto, dopo la morte, nel mesto pellegrinaggio alle sue spoglie. Una “passeggiata” verso le periferie della vita che, per un attimo, fece tornare alla mente dei tifosi più anziani i funerali Fausto Coppi il 4 gennaio del ‘60’, quando, migliaia di persone, fecero ala alla bara del campionissimo verso l’ultima dimora. Era, come per Gigi Riva, un giorno d’inverno. L’unica differenza stava nella cornice in cui si muoveva la gente: la desolazione della campagna piemontese innevata da un lato e le strade di una grande città dall’altro. Orio Vergani, cantore come Bruno Raschi delle gesta di Coppi, il 2 gennaio, aveva titolato la “Gazzetta” con: “Il grande airone ha chiuso le ali”. L’articolo iniziava con le parole scandite
duemila anni prima, ai piedi della croce di Gesù: “Tutto è compiuto…”. Chi scrive, aveva tredici anni. A distanza di 64 anni, mi pare di ricordare la sosta del feretro di Coppi all’ingresso del cimitero di Castellania. Una sosta che poteva essere eterna e nessuno se ne sarebbe accorto. Ad attendere il campione, c’era l’auto che l’aveva accompagnato nelle vittorie. Fra i colori bianco-celesti dell’ammiraglia, rimanevano il suo sorriso e l’abbraccio della gente. Adesso era “il ragazzino di Leggiuno” a salutare la folla. Lo faceva come sempre: sollevando la mano in segno di saluto come quando usciva dal campo a fine partita. Non lo sapevamo ma, in quel saluto, erano scolpiti rimpianto e grandezza. Pochi campioni sona stati amati come Gigi Riva. Forse solo Coppi, Di Stefano, Senna, Pelé, Beckembauer e Paolo Rossi. Tutti i campioni, nel corso della stagione agonistica, sono stati accompagnati da soprannomi evidenzianti le qualità: Pelé era “O Rei”, Beckembauer il “Kaiser”, Pantani il “pirata”, Cudicini il “Ragno nero”, Maradona il “Pibe de oro”, Mennea la “Freccia del sud” e Paolo Rossi,“Pablito”.
Gianni Brera, firma storica del giornalismo sportivo degli anni ‘70’, per Gigi Riva aveva coniato il termine: “Rombo di tuono”. Un fragore che simboleggiava la potenza con cui Riva cercava la rete e l’urlo che ne seguiva.
Ora, in quel 24 gennaio, l’applauso che accoglieva le spoglie del campione all’uscita dalla chiesa di Cagliari, era diverso: quieto, dolce, inguaribile…come se lo richiamasse invano sul terreno di gioco. “Riva è morto!—diceva– morto, morto: non lo rivedremo più!”. “Riva è morto”. Lo ripeteremo anche noi: dieci, cento, mille volte fino a crederci nel risveglio della primavera. Solo d’estate, quando nel cielo si addenseranno le nubi e il rombo di un tuono annuncerà la tempesta, capiremo che Gigi non se n’è andato: riposa nel nostro cuore».

2 Giugno 2024
Redazione VareseNews
redazione@varesenews.it

Noi della redazione di VareseNews crediamo che una buona informazione contribuisca a migliorare la vita di tutti. Ogni giorno lavoriamo cercando di stimolare curiosità e spirito critico.

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.