Solstizio d’Estate, una festa tra antichi riti di fuoco e d’acqua
Dalla preparazione del nocino alle pratiche come l’acqua di San Giovanni e la barchetta d’uovo. Un viaggio affascinante della "Strega di Somma Lombardo" nelle radici culturali e nei rituali che segnano l’inizio dell’estate
Giugno, il mese del Solstizio d’Estate, della potenza del sole e della luce, è un tempo di festa, di canti, balli e fuochi, di tutti quei riti che si legano al passaggio stagionale e al ciclo della natura.
Il tempo estivo vede protagonisti i falò quale simbolo del sole alla massima potenza, e l’acqua, l’acqua sacra, lustrale, la rugiada degli Dei dalle innumerevoli virtù. Già nel mese di maggio, in corrispondenza con la festa dell’Ascensione, le acque assumono grande importanza nei riti a carattere folkloristico: la credenza popolare, in alcune zone d’Italia, vuole che, alla mezzanotte, le acque salate dei mari mutino la loro sostanza diventando dolci, mentre le acque delle fonti acquisiscono miracolose proprietà taumaturgiche.
I pastori, un tempo, portavano le greggi ai fiumi: ogni famiglia invocava il bene per sé stessa e l’intero villaggio, senza esclusione per gli animali che erano alla base dell’economia contadina dei nostri avi. Le bestie venivano fatte passare su un corso d’acqua o condotte alle sorgenti ritenute miracolose. Riferimenti alla magia del fuoco e dell’acqua sono presenti anche a San Giovanni che si festeggia nella notte tra il 23 e il 24 giugno.
Gli antichi riti legati al Solstizio d’Estate sono stati sostituiti dalle celebrazioni dedicate al Santo. San Giovanni Battista, è venerato dalla chiesa cattolica ed è considerato, nella religione islamica, uno dei profeti che precedono Maometto.
Una figura misteriosa, che si commemora in quel momento dell’anno suggestivo e affascinate che scandisce l’inizio dell’Estate, il momento in cui, secondo la tradizione degli antichi, appaiono le streghe capitanate dalle anime di Erodiade e Salomè. In epoca medievale, in alcune città italiane, era usanza suonare le campane al tramonto così che i rintocchi benedetti proteggessero i villaggi dalle streghe e dalle loro malie.
I fuochi di San Giovanni annunciavano la potenza del sole al massimo potere e i festeggiamenti comprendevano balli e canti, giochi e gare. I giovani saltavano il fuoco prendendosi per mano: tanto era alto il salto, tanto le spighe e le piante sarebbero cresciute rigogliose. Ogni abitante del villaggio donava qualcosa per il falò, in questo modo il suo lavoro sarebbe stato benedetto. Ruote intrise d’olio o intrecciate con la paglia e poi incendiate, venivano fatte roteare dall’alto delle colline. Erbe e fiori, cortecce e foglie, venivano gettate tra le fiamme; diffusa era l’usanza di bruciare un palo; la fiamma che si alzava rappresentava la crescita delle piante da cui si ricavavano i tessuti quali il lino e la canapa: “Cresci alto, cresci in fretta che la mia dote voglio preparare, il telaio sta ad aspettare, che al mercato la mia tela voglio portare”.
Nel tempo compreso tra San Giovanni e San Pietro e Paolo, la notte tra il 28 e il 29 giugno, avveniva l’iniziazione per l’uso del pendolo. Un rito particolare in cui il tradizionale pendolino era sostituito da un anello, dando preferenza a quello di fidanzamento o a una fedina in argento che andavano immersi in acqua prima di porre una domanda iniziale…
Il nocino è un liquore conosciutissimo che viene preparato con i malli delle noci ancora acerbe colte a San Giovanni. Era l’anziana di casa che a piedi scalzi si recava alla pianta e staccava, a mani nude, le noci necessarie per realizzare la bevanda. Anche i conventi usavano preparare liquori ed elisir di erbe e frutta, dalle virtù salutari e, naturalmente, il nocino era fra questi. Per la sua preparazione si contavano 24 noci che venivano poste in infusione in alcool e spezie fino a Ognissanti. Ogni luogo o famiglia aveva la sua ricetta, anche il numero di noci, le spezie, l’aggiunta di vino bianco, lasciavano spazio alle tradizioni locali.
I riti, le ricette e i piatti tipici del solstizio variavano infatti da regione a regione ma vi sono alcune tradizioni, che ancora oggi sono diffuse in tutto il Belpaese, come l’acqua di San Giovanni o la barchetta d’uovo. L’acqua di San Giovanni o del Solstizio, si ottiene dall’immersione di alcune erbe (7 o 9) in acqua di fonte. La bacinella in metallo o ceramica, contenente fiori e aromi viene esposta alla rugiada notturna della vigilia di San Giovanni. La mattina successiva ci si lava le mani e il viso. Nel passato, in alcuni casi, una parte di quest’acqua, ritenuta un vero e proprio amuleto apportatore di bellezza, fecondità e fortuna, veniva filtrata e imbottigliata, si otteneva così un dono delicato da offrire alle amiche, alle vicine e alle donne della propria famiglia.
La barchetta è un’usanza che non è mai stata del tutto accantonata. Si effettua a San Giovanni e a San Pietro, secondo il luogo, e si avvale di un albume d’uovo posto in una bottiglia o brocca contenente acqua che andrà posizionata su un davanzale o al suolo. Il piano d’appoggio reso caldo da una giornata di sole, e l’umidità della notte, daranno effetto a un contrasto di temperatura che farà coagulare l’albume, il quale assumerà un’immagine simile a una barca: la barca di San Pietro, da qui l’auspicio: se i pennoni saranno alti e le vele spiegate il messaggio è benevolo, al contrario pennoni bassi e vele ammainate fanno pensare a un futuro denso di difficoltà. I contadini usavano questo metodo per valutare gli esiti del raccolto e l’andamento climatico. L’albume può assumere comunque forme bizzarre: figure di animali, piante, edifici… le risposte vengono poi dettate dalla sensibilità e dall’istinto di chi interpreta le figure. Ma la magia di queste antiche usanze va oltre la superstizione, è la magia del riscoprire e tenere in vita le tradizioni e le credenze che hanno accompagnato il passato dei nostri avi…
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