Trova foto hard della figlia minore scambiate col fidanzato, il padre condannato per le botte

Pena di un anno e 5 mesi per lesioni alla ex moglie e alla ragazza non ancora maggiorenne al momento dei fatti. L’uomo assolto dall’accusa di maltrattamento in famiglia. Il difensore alla Corte: “Voi come vi sareste comportati?”

Generico 24 Jun 2024

Come vi sareste comportati se aveste trovato immagini hard di vostra figlia minore scambiate sul telefono col fidanzato?

Non è mero esercizio teorico dal momento che secondo le carte d’accusa il fatto sarebbe realmente avvenuto a Varese. La storia è arrivata alla conclusione nel corso di un processo discusso oggi, 27 giugno, al Collegio di piazza Cacciatori delle Alpi dove un uomo – il padre – è stato condannato a un anno e 5 mesi di reclusione con pena sospesa e non menzione per le lesioni e le minacce nei confronti di figlia ed ex moglie, e assolto dal ben più grave reato di maltrattamenti in famiglia.

La contestazione riguardava difatti il secondo comma dell’articolo 572 cioè l’aggravante prevista se il comportamento contestato è stato consumato nei confronti di un minore, che di fatto trasforma la fattispecie in “reato ostativo”: preclude cioè l’accesso a determinati benefici penitenziari, come la libertà condizionale, la semilibertà o altri sconti di pena, e per il quale gli imputati rischiano il carcere.

Dunque una famiglia di origini sudamericane che vive in Italia nelle more di procedimenti per l’ottenimento dei permessi previsti dalla legge per la permanenza in territorio nazionale, si sfascia a suon di sberle e aggressioni.

Il casus belli consiste nella reazione del padre che trova immagini della figlia minore nuda (ma in realtà non è chiaro se la natura delle pose si spingesse anche oltre) scambiate col fidanzato via chat, immagini forti viste dal genitore sul cellulare della figlia. La madre cerca di mitigare la reazione furibonda dell’uomo.

Il clima è teso e si arriva alle mani in un paio di occasioni con la moglie dell’imputato, e con la minore, in un’occasione. Ci sono refertazioni mediche. C’è una denuncia che fa dunque scattare il codice rosso (previsto per questi casi dalla legge introdotta nel 2019) e le misure del divieto di avvicinamento dell’uomo, con conseguente allontanamento dalla casa famigliare: il padre e marito dopo il suo comportamento rimane senza lavoro e in mezzo alla strada, e rischia di dover tornare al suo paese per il procedimento penale in corso. La figlia dell’imputato si costituisce parte civile nel processo (avvocato Elisabetta Brusa) che vede anche la madre come parte offesa.

Il procedimento arrivato oggi, giovedì, agli sgoccioli ha visto la richiesta in aula del pubblico ministero per una condanna a due anni e 2 mesi, e dalla parte civile un risarcimento del danno. Il difensore dell’imputato Corrado Viazzo ha viaggiato sul doppio binario proponendo proprio la domanda diretta alla corte: «Se fosse stata vostra figlia, cosa avreste fatto? Come vi sareste comportati?».

E nell’arringa sono stati tirati in ballo anche i filosofi, in particolare Protagora, che quattro secoli prima della nascita di Cristo si interrogava sulla misura delle cose, su cosa sia realtà per un uomo e cosa lo sia per un altro, «l’uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono per ciò che sono, e di quelle che non sono per ciò che non sono», dunque la realtà oggettiva appare differente in base agli individui che la interpretano, «e rispetto alla cultura di ciascuno di noi, all’impostazione famigliare, alle regole di educazione e di vita», ha spiegato Viazzo chiedendo ai giudici l’interpretazione di questa realtà passando attraverso l’equità prima ancora che alla norma vera e propria.

In parte è stato ascoltato: il Collegio presieduto da Andrea Crema ha deciso per assolvere l’imputato dal pericoloso reato di maltrattamenti in famiglia e condannarlo per le lesioni e le minacce con sospensione condizionale della pena tramutata in un programma riparativo, oltre alla non menzione nel casellario giudiziale, condanna che si è poi arricchita di un risarcimento in sede civile pari a 500 euro e al pagamento delle spese processuali. Fra 90 giorni, data entro la quale verranno depositate le motivazioni della sentenza, il difensore valuterà se impugnare o meno la decisione in appello.  (foto: pixabay)

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 27 Giugno 2024
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Commenti

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  1. Avatar
    Scritto da Felice

    In Giappone al primo reato sei fuori. Noi depenalizziamo tutto.

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