Kamala Harris for President?
Di Mauro della Porta Raffo, Presidente onorario della Fondazione Italia USA
Varese, nella notte tra il 24 e il 25 luglio 2024
In premessa:
ove si escluda la parte storica e quella generale seguente, tutte le previsioni sotto riportate possono saltare nel caso in cui Joe Biden, per quanto lo abbia escluso assicurando che intende restare alla Casa Bianca fino al 20 gennaio prossimo, ad un certo punto modificasse il proprio atteggiamento e decidesse di rassegnare le dimissioni (imitando per tutt’altra ragione Richard Nixon), perché, naturalmente, lo scenario – Kamala Harris subito Presidente e in corsa come uscente (sesta a cimentarsi in tale contingenza dopo Theodore Roosevelt, Calvin Coolidge, Harry Truman, Lyndon Johnson, tutti eletti, e Gerald Ford, il solo finora succeduto a un dimissionario, il sopra citato Nixon, sconfitto) – cambierebbe radicalmente.
Sarebbe un altro film, una differente storia!
È con il Quindicesimo Emendamento datato 1870 che i neri americani maschi ottengono il diritto di voto attivo e passivo.
È con il Diciannovesimo Emendamento entrato in vigore nel 1920, esattamente cinquant’anni dopo, che il medesimo diritto viene concesso alle donne in genere a livello federale (in alcuni Stati, in precedenza, tanto che Jeannette Pickering Rankin fu alla Camera a Washington già nel 1917 in rappresentanza del Montana).
È addirittura (e lo ricordano tutti) solo nel 2016, trascorsi un’infinità d’anni, che una Signora conquista la Nomination, l’investitura ufficiale, di uno dei due partiti egemoni della politica americana, il democratico, e corre finalmente per la Casa Bianca.
Si tratta di Hillary Clinton – che perde rocambolescamente pur prevalendo nel Paese per voto popolare – la quale, a ben guardare, proprio per il fatto di candidarsi con il cognome del marito ex inquilino di White House in qualche modo diminuisce la portata dell’impresa che intende compiere.
A prescindere da ogni altra considerazione, il fatto che invece Kamala Harris abbia mantenuto nell’agone e proponga il proprio cognome e non quello del coniuge, a mio parere, deve farla valutare in partenza più positivamente.
È il percorso politico della Signora di cui si parla in qualche modo strano.
Decisamente ricco di successi e di consensi (per quanto ovviamente le critiche e i contrasti secondo norma non manchino) fino al momento della maggiore esposizione (è stata procuratrice distrettuale di San Francisco e poi generale della California prima di essere eletta Senatrice dello Stato con capitale Sacramento), pare rapidamente declinare una volta nella capitale.
In particolare, da quando si dichiara in corsa per la Nomination democratica in vista delle elezioni del 2020.
Velocemente evaporati gli iniziali notevoli sostegni e finiti i contributi economici, è costretta al ritiro già a dicembre 2019.
Considerata fuorigioco anche perché nei dibattiti fra candidati non aveva risparmiato critiche al futuro designato Joe Biden, riavvicinatasi abilmente allo stesso, viene alla fine prescelta come Running Mate invero non per le capacità politiche ma per ragioni afferenti la necessità di completare il ticket democratico mettendo accanto ad un uomo bianco cattolico e rappresentante l’establishment una donna asioamericana (non per carità afroamericana come si continua a dire) di differente religione e posizione politica interna.
Quarantanovesima Vice e prima del gentil sesso (non delle minoranze comunque intese essendo Charles Curtis, il coequipier di Herbert Hoover a far luogo dal 1929, un pellerossa), parte decisamente male anche perché il Presidente – con feroce malizia? – le mette in mano la patata più bollente tra tutte: la irrisolvibile questione migratoria diciamo così messicana.
Tornata nell’ombra e malamente, con sufficienza, trattata perfino da media sempre sostenitori del partito, riappare praticamente a partire dal fallimento di Joe Biden ad Atlanta in ambito televisivo nel confronto del 27 giugno con Donald Trump, per occupare dal 21 luglio scorso, giorno della rinuncia alla nuova candidatura del vecchio Presidente – non ancora sessantenne quale è e pertanto nella situazione politica USA quasi giovane (tanto da poter dire nel suo primo discorso dopo il bailamme, guardando all’età del contendente repubblicano, di essere il futuro, di rappresentarlo) – assolutamente la scena e in poche battute, ottenuto il sostegno di praticamente tutti i big del partito, brillare di forte luce propria, pronta a contrastare il tycoon e, sostiene necessariamente (ci mancherebbe altro), a batterlo.
Così stando le cose, riuscirà, resistendo agli attacchi di ogni tipo che già le portano e più violentemente le saranno portati, Harris a diventare la prima Presidente donna?
Difficile rispondere per quanto alcune cose possano essere qui già dette.
Occorrerà in primo luogo che il compagno di ticket che sarà scelto componga con lei un duo efficace geopoliticamente, azzeccato quanto alla collocazione ideologica, complementare al punto giusto e cioè praticamente in senso opposto (un Vice maschio e bianco?) a quello intelligentemente da lei e Biden formato.
Sarà necessario rinvigorire con adeguate proposte e poi cavalcare con perizia l’onda legata specialmente alla difesa ed estensione dei cosiddetti diritti civili (tali non da tutti considerati, anzi) che oggi internamente la sostiene sperando, perché no?, negli errori, magari nella sottovalutazione degli avversari.
Ottenere indispensabilmente i delegati degli Stati che davvero decidono la contesa, quelli della Rust Belt in particolare, ai quali si sta già rivolgendo con efficacia J. D. Vance, l’enfant du pays proprio per tale finalità scelto come compagno di corsa da Donald Trump.
Ottenere il voto non solo dei democratici tradizionali ma di quelli estremi e radicali come anche del notevole numero di indipendenti comunque intenzionati a recarsi alle urne come evidenzia il fatto che si siano iscritti alle liste elettorali.
Dimostrare nella situazione internazionale straordinariamente difficile che il mondo vive e che vuole gli Stati Uniti protagonisti di avere i requisiti necessari e di saper cogliere nell’ambito i desideri veri della maggioranza dei cittadini, i non pochi isolazionisti compresi.
Tutto questo e infinitamente di più ma soprattutto – vale in ogni caso e pertanto anche per conquistare White House – come sapeva Napoleone che cercava generali benvoluti dagli Dei, sarà indispensabile non solo che sia fortunata ma essere considerata tale dai più dando nella temperie ancora una volta ragione alla felicissima intuizione del vecchio Otto von Bismarck-Schönhausen che già nel declinare dell’Ottocento sosteneva: “Esiste una particolare Provvidenza Divina a favore degli stupidi, dei bambini, degli ubriachi e degli Stati Uniti d’America!”
(“Es gibt eine göttliche Vorsehung, welche die Dummen, die Kinder, die Betrunkenen und die Vereinigten Staaten beschützt!”)
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