“Ottanta atleti (più uno) alle Olimpiadi sono un orgoglio. Ma la Lombardia può crescere ancora”
Marco Riva, presidente del CONI Regionale spiega: «Serve intervenire su impianti e attività scolastica». Tra le storie di rilievo quella del casoratese Sollazzo e di Iman Mahdavi che gareggerà con i rifugiati

La soddisfazione per il gran numero di atleti qualificati, l’attesa per vedere l’andamento delle gare. Ma anche la consapevolezza di come e dove si potrà migliorare nel prossimo quadriennio e il piacere di conoscere storie di atleti che meritano di essere evidenziate a prescindere dai risultati. Marco Riva, 41 anni, è il presidente di Coni Lombardia e trascorrerà diversi giorni a Parigi durante i Giochi per assistere e sostenere da vicino gli oltre 400 azzurri, con un occhio particolare agli 80 provenienti dalle province lombarde.
Presidente Riva, qual è lo stato d’animo alla vigilia dei Giochi?
«Di felicità, sicuramente, perché lo sport lombardo risponde con grandi numeri all’edizione olimpica di Parigi. Settanta atleti sono nati nella nostra regione ma il contingente arriva a ottanta con quelli che sono cresciuti e si sono formati qui, come per esempio Marcell Jacobs. Ora speriamo che molti di loro ci diano soddisfazione anche con i risultati».
Questi numeri sono lo specchio di un movimento in salute o il frutto di una contingenza?
«Io penso che lo sport lombardo debba soprattutto ringraziare le tantissime persone che ogni giorno mettono passione, competenza e dedizione al lavoro all’interno di società, enti, associazioni. Vale per la Lombardia ma possiamo estendere il ragionamento a tutta Italia: c’è un “ecosistema” in cui migliaia e migliaia di dirigenti e tecnici assistono ragazzi, sportivi e atleti a ogni livello. Queste persone hanno permesso allo sport di superare la crisi del covid e quella dell’aumento dei costi energetici facendo sacrifici e stringendo i denti. A loro va il nostro grazie, così come vanno citate le singole società, i gruppi sportivi militari e civili, il mondo del Coni. Senza dimenticare che in futuro dovremo crescere in alcune aree».
Quali, in particolare?
«Due soprattutto: quella degli impianti sportivi e quella dell’attività scolastica. Parlando di impianti forse la Lombardia sta meglio di altre regioni ma è necessario continuare a creare luoghi di sport, a riqualificarli, a prevedere un sempre miglior efficientamento energetico per ridurre l’impatto di questo genere di costi. Avere palestre e campi poi non basta: bisogna renderli fruibili a un numero di persone più ampio possibile: agonisti e società senza dubbio, ma anche bambini, ragazzi e praticanti di ogni età. L’altro ambito è quello scolastico che è strettamente correlato all’impiantistica: avere a disposizione spazi adeguati permette di integrare l’attività degli istituti a quella degli atleti. Noi, inteso come Coni Lombardia, possiamo sollecitare e fare presente queste cose, poi però tocca alle autorità preposte garantire la parte pratica».
Varese manderà a Parigi ben sette atleti del canottaggio, un mondo che lei conosce bene. Cosa si aspetta dai remi?
«C’è la potenzialità di ottenere risultati importanti, sia a livello di Nazionale sia anche per i varesotti, ma non voglio fare nomi anche perché ci sono tanti fattori che possono influenzare un risultato finale. L’oro di Tokyo, meraviglioso, ottenuto da due lombarde come Federica Cesarini e Valentina Rodini lo insegna: basta poco per ottenere qualcosa in più o in meno, i dettagli sono decisivi».

Mettiamo da parte i risultati: ci sono storie di atleti che l’hanno colpita in modo particolare in questi mesi preolimpici?
«Sì. Innanzitutto la nostra portabandiera, Arianna Errigo, che è brianzola e che è diventata mamma di due gemelli l’anno scorso. È tornata in pedana ed è tornata a vincere. Poi quella di Matteo Zurloni che ha 22 anni, è di Segrate e pratica una disciplina poco conosciuta come l’arrampicata sportiva. Ha vinto il Mondiale (specialità “speed” ndr) e credo possa essere un ragazzo da medaglia a Parigi: sarebbe un grande esempio e un grande spot per il suo sport. Poi ce ne sono altri due: un varesotto e uno che viene da lontano».

Andiamo prima con il varesotto.
«Danilo Dennis Sollazzo: anche lui ha 22 anni, anche lui gareggia in una disciplina che non è spesso sotto i riflettori, il tiro a segno. Viene da Casorate Sempione ed è un ragazzo timido, educatissimo, di grande semplicità. E freddezza, perché quando va in pedana diventa implacabile e si trasforma, diventando uno dei tiratori più forti del panorama italiano. Anche qui spesso è questione di dettagli, ma ha tutto per fare bene».
E chiudiamo con?
«Con una storia meravigliosa, quella di Iman Mahdavi, che è di origini iraniane ma gareggerà con la squadra dei rifugiati. Iman è fuggito a piedi dall’Iran alla Turchia: una volta in Italia divenne un richiedente asilo e inizialmente visse in una struttura proprio nel Varesotto. Poi si è stabilito a Milano dove ha potuto praticare la lotta libera grazie al Lotta Club Seggiano che ha la sua sede a Pioltello e che si è fatta in quattro per aiutarlo. Grazie ai suoi risultati si è qualificato per Parigi: gli abbiamo dato anche il gagliardetto di Coni Lombardia per confermare la nostra vicinanza e perché siamo orgogliosi di lui. L’ottantunesimo lombardo in gara a Parigi».
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