“Per i ghiacciai la migliore stagione da 30 anni, ma è l’altra faccia del cambiamento climatico”

Quest'anno i ghiacciai alpini potrebbero crescere, un fenomeno che non si vedeva dagli anni 90. Ne abbiamo parlato con il professor Mauro Guglielmin che spiega: "Gli anni straordinari come questo sono parte del cambiamento climatico"

ghiacciaio estate 2024

La premessa è una: una rondine non fa primavera. È con questa lente che bisogna guardare a quello che è successo e sta succedendo sulle nostre montagne negli ultimi mesi, con piogge come non si vedevano da tempo, freddo intenso e nevicate da record. Ne abbiamo parlato con Mauro Guglielmin, professore ordinario di geografia fisica e geomorfologia all’Università dell’Insubria e a capo di progetti di ricerca proprio su queste tematiche.

«Il bilancio vero e proprio si farà alla fine dell’estate -racconta- ma è molto probabile che avremo sui nostri ghiacciai il più grosso accumulo di neve da trent’anni a questa parte». Una considerazione che nasce dal fatto che da un lato è vero che «abbiamo ancora tutto agosto davanti» ma dall’altro «la neve al suolo è ancora moltissima, con livelli che ci riportano agli anni ’80». Se quindi non ci saranno improvvisi e lunghi picchi di calore «avremo ghiacciai che non solo non arretreranno ma potranno accumulare nuova massa, ed è un qualcosa che tendenzialmente non si vedeva dagli anni ’90». 

Per capire cosa sta succedendo bisogna prima di tutto capire come funziona un ghiacciaio. «Un ghiacciaio ha un’entrata, cioè a neve che si accumula, e un’uscita e cioè il calore e la radiazione solare che fa sciogliere il ghiaccio -sintetizza Guglielmin-. Se l’entrata aumenta molto di più dell’aumento delle uscite il ghiacciaio avanza. Fino all’anno scorso e negli ultimi 30 anni abbiamo avuto tendenzialmente una diminuzione delle entrate, cioè si accumulava sempre meno neve e in più faceva sempre più caldo d’estate. Quest’anno invece abbiamo avuto un forte aumento delle entrate, quindi se il caldo estivo sarà uguale agli ultimi anni il ghiacciaio aumenterà». Non solo, anche il permafrost –cioè il terreno ghiacciato e termometro del cambiamento climatico– ha avuto un’ottima annata «con tanta neve che è arrivata da fine dicembre in poi e questa ha consentito al freddo di penetrare nel terreno e la neve che ancora c’è ora protegge dal caldo». 

Dunque «tutto quello che riguarda il ghiaccio in montagna, il permafrost e i ghiacciai ci porta a concludere che questo dev’essere un buon anno. Ma che questo dica qualcosa per il futuro io direi di no, ricordiamoci che una rondine non fa primavera». Uscendo dal proverbio dei nonni e passando alle ricerche scientifiche Guglielmin ricorda come «un anno isolato non dice che stiamo cambiando, anzi. Gli anni straordinari come questo potrebbero essere una delle facce del problema: quando il clima cambia in un contesto di un pianeta più caldo abbiamo più energia nell’atmosfera e questo può portare a zone con più pioggia e altre più aride. Ci sono più squilibri, insomma, e quindi anche quest’anno può essere considerato come uno dei sintomi del cambiamento del clima che stiamo vivendo».

Volendo però guardare ad un bicchiere mezzo pieno Guglielmin cita alcuni modelli che «ipotizzano per il futuro precipitazioni in aumento. Questo significa che sopra una certa quota in Montagna quell’acqua sarà neve, molta di più». Così il futuro dei ghiacciai potrebbe seguire due strade: «ci sarà un distacco netto tra quelli di alta quota, intorno ai 3.000 metri, e quelli più in basso che con l’aumento delle temperature, aumentate a livello di pianeta anche quest’anno, saranno condannati». Una magra consolazione ma fondamentale se, in Pianura Padana, vogliamo continuare ad avere acqua da mettere in quel bicchiere. 

Marco Corso
marco.corso@varesenews.it

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Pubblicato il 24 Luglio 2024
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