Dalla vetta del K2 al cuore di Luino: l’impresa di Tommaso Lamantia tra riconoscimenti e nuove emozioni
L’alpinista luinese celebra il trionfo sulla seconda vetta più alta del mondo e riceve l'abbraccio della sua città. Una storia di determinazione e orgoglio che potrebbe ispirare le nuove generazioni
«Quando sono arrivato in cima al K2 non ho avuto pensieri o emozioni particolari. Ero molto concentrato su quello che dovevo fare e sulla discesa che mi attendeva». Tommaso Lamantia, reduce dalla recente conquista della seconda vetta più alta del mondo, non appena ha varcato la soglia del palazzo comunale di Luino due buone ragioni per emozionarsi le aveva. Da una parte il riconoscimento della sua città di origine per un’impresa che non è retorico definire storica, dall’altra l’annuncio della moglie Stefania che è in dolce attesa.
L’ORGOGLIO DELLA CITTA’
«Provo un sentimento di orgoglio per questo concittadino che ha conquistato la vetta più mitica e difficile tra tutti gli ottomila – ha detto il sindaco Enrico Bianchi -. È vero, Luino non è una città di montagna, ma è tra le montagne. Ogni mattina affacciandoci alla finestra la prima cosa che vediamo è il monte Limidario».
Tra gli organizzatori del momento celebrativo, che è solo un’anticipazione, oltre all’amministrazione comunale c’è anche Confcommercio. «Abbiamo voluto dare un segno tangibile da luinesi a un luinese – ha detto il presidente di Ascom Luino Franco Vitella -. Per noi la montagna è sinonimo di turismo e dedicheremo al racconto di questa impresa una serata a Palazzo Verbania».
LA PAZIENZA DI ASPETTARE
La narrazione della scalata di un ottomila come il K2, secondo l’assessore allo Sport Ivan Martinelli, «può essere un esempio di volontà e determinazione per le nuove generazioni. Un passo dopo l’altro e con la pazienza si arriva all’obiettivo».
E di pazienza Lamantia ne ha avuta tanta, soprattutto a causa del maltempo che non consentiva l’ascesa del tratto finale e costringeva gli alpinisti a restarsene chiusi in tenda al campo base. «In quei momenti di attesa che possono durare mesi – ha spiegato l’alpinista – rischi di perdere la motivazione e con essa anche la concentrazione. Quando si affronta una montagna come il K2 devi avere sempre un piano B e possibilmente anche un piano C. Ogni azione va calcolata nel dettaglio perché i suoi versanti sono tutti difficili. Una cosa è certa: è più complicata la parte bassa rispetto a quella alta. Una volta arrivato al campo 4, a quota 7600 metri, avevo di fronte il seracco e vedevo la cima. Sentivo che ce la potevo fare».
PER LA VETTA SI PARTE NEL BUIO DELLA NOTTE
Per conquistare la vetta Lamantia è partito alle due di notte con il buio ed è arrivato a quota 8600 metri alle 16 e 45. Il suo compagno di scalata si è fermato a quota 8400. La discesa al campo 4 è terminata alle 21 e 30 anch’essa con il buio. «Mi tenevo in contatto con il miei compagni grazie ai messaggi con il telefono satellitare – ha raccontato Lamantia – Alcuni alpinisti che avevo conosciuto al campo 4, erano preoccupati perché ero arrivato in cima piuttosto tardi. Nella discesa ho fatto molte soste cadenzate per recuperare la respirazione e non perdere coordinazione nei movimenti. Se potessi tornare indietro una sola cosa farei diversamente: porterei con me una vela leggera da parapendio e così la discesa che dura due giorni, durerebbe al massimo mezz’ora».
ERA TUTTO GIA’ SCRITTO
La storia di questo brillante 42enne, oggi accademico del Cai, sembra quella di un predestinato, come ha testimoniato il presidente della sezione di Luino Adriano Rinaldin che ha molte conoscenze in comune con l’alpinista luinese che ha cominciato con il Cai di Laveno. «Quando avevo undici anni – ha concluso Lamantia – sono salito su un 4000 con Dino Spertini. Incrociammo alcuni scalatori in parete e uno di questi vedendomi salire esclamò: “Piccolo uomo, grande alpino”.
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