Fabio Treves e suoi cinquant’anni in blues: “Con Frank Zappa? Ci fu subito complicità”

Abbiamo intervistato il Puma di Lambrate in occasione dell'anniversario dei cinquant'anni di carriera con la band. Il suo racconto tra aneddoti e curiosità

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«Porto in giro il verbo del blues, come sempre». Fabio Treves non si ferma mai, non l’ha fatto nemmeno durante le giornate più calde dell’agosto appena trascorso. Il tour per festeggiare i cinquant’anni di carriera, insieme alla sua band, è iniziato a febbraio e il calendario è in continuo aggiornamento.

«Sto celebrando questo anniversario con i fans, sui palcoscenici. Non c’è lo champagne ma la grande soddisfazione di aver contribuito fin dall’inizio a diffondere questo genere in Italia, una musica bella, ricca di valori, capace di raccontare il mondo trattando tematiche che riguardano la società di ieri e di oggi».

Settantacinque anni, porta da sempre coda, baffi e occhiali da sole. Non ama gli smartphone di ultima generazione, gira con un telefonino che sta nel taschino della camicia, ma è una delle persone più connesse al mondo che si possano incontrare. «Cosa ti resta di un video sul telefonino? Meglio godersi il momento fino in fondo e viverlo non credi?!”».

Negli anni ha coltivato la passione per la fotografia e per la radio, dove ha condotto diversi programmi. Nel 2014 il comune di Milano gli ha conferito l’Ambrogino D’oro ma l’elenco dei momenti memorabili della sua vita sono tantissimi. Per tutti è il “Puma di Lambrate”, un soprannome che gli è stato affibbiato tempo fa da un giornalista, in riferimento a John Mayall, detto a sua volta “il Leone di Manchester” e che gli si cuce a pennello.

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Fabio Treves e Frank Zappa 

«Passione e cocciutaggine, sono questi gli elementi del mio carattere che mi hanno permesso di persistere sulla strada del blues». Anche quando nessuno ci credeva e negli anni Settanta andavano forte il rock’n’roll e il cantautorato: «Il blues è da sempre considerato un genere per pochi. Dirlo è una eresia perché è il contrario. È il genere di massa per eccellenza, la musica d’origine, da cui tanti poi hanno attinto, da Elvis Presley a Bruce Springsteen. Sono contento di aver fatto la mia parte per diffondere questo genere, oggi tra il mio pubblico vedo i figli di chi mi ascoltava anni fa, un passaggio di testimone che mi rende orgoglioso».

La sua carriera è ricca di aneddoti e curiosità, di incontri straordinari. Sulla biografia della Treves Blues Band si leggono le collaborazioni con Sunnyland Slim, Johnny Shines, Homesick James, Billy Branch, Dave Kelly, Paul Jones, Alexis Korner, Bob Margolin, Sam Lay, David Bromberg, Eddie Boyd e Mike Bloomfield. E ancora Roy Rogers, Chuck Leavell, Willy DeVille, John Popper, Linda Gail Lewis. I colleghi italiani, Eugenio Finardi, Riccardo Cocciante, Ivan Graziani, Shapiro, Baccini, Giorgio Conte, fino a Elio e le Storie Tese e gli Articolo31. «Il blues è anche questo, un’infinità di possibilità e occasioni imprevedibili. Il blues è famiglia, incontro, è affinità».

All’inizio non è stato facile, a partire dal fatto che negli anni Settanta la tecnologia non aiutava: «Oggi con un click trovi quello che ti serve, allora non era così. Ricordo che da ragazzino andavo in Sormani, in biblioteca a Milano, per cercare le storie dei cantautori blues, poi in Svizzera per trovare i vinili che volevo. Spesso mi capitava di entrare in un negozio e sentirmi rispondere: “Muddy Waters chi??!” Non teniamo quei genere di dischi».

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Fabio Treves e Lou Marini

Una vita trascorsa sui palcoscenici, più di mille i concerti all’attivo: «Il più strano? Al momento mi viene in mente quello su una chiatta in mezzo al lago Terrasole, a Limone». La passione per l’armonica scoperta ad un concerto degli Who nel 1967: «Prima di loro suonavano i Primitives, e il cantante e armonicista era Paul Bradley, in arte Mal. Quando ha iniziato a suonare l’armonica mi sono innamorato di quel suono».

E ancora, il memorabile incontro con Frank Zappa (foto sopra) mentre era in tour in Italia: «Una cosa magica, ancora oggi mi sembra incredibile che sia successo e il fatto di essere stato l’unico italiano ad aver suonato con lui. Era un genio, pignolo, preciso. Bastò uno sguardo e ci fu subito complicità. Ricordo che quando siamo scesi dal palco pensai, “Adesso mi prende a male parole”, ma non fu così. Mi chiese se avevo impegni per il giorno dopo, e mi invitò a suonare con lui nella data successiva a Genova».

La partecipazione nel 1992 al “Beale Street Music Festival” a Memphis, dove divide il palco con artisti come Buddy Guy, Johnny Winter, Kim Wilson, Koko Taylor, Al Green, Lonnie Brooks. Nel 2015 l’apertura dei concerti dei Deep Purple durante le date del loro tour in Italia e l’anno successivo quello di Bruce Springsteen al Circo Massimo a Roma: «Ho collaborato con tantissimi artisti, un centinaio gli americani, tutti mi hanno lasciato ricordi bellissimi e affettuosi. Quello che mi fa più piacere è che tutti mi hanno detto la stessa cosa: che io abiti a Milano, a Chicago o New York non fa differenza perché facciamo parte della famiglia del blues».

Intanto, il tour della Treves Blues Band, formata con lui dagli storici Ale Gariazzo, Massimo Serra e Gabriele Dellepiane continua e tra gli ospiti di alcune date risalta il nome di Lou Marini, sassofonista dei Blues Brothers: «È una cosa gigante, sono grandi soddisfazioni per me. Quando salgo sul palco con la Treves Blues Band c’è passione, divertimento, coinvolgimento, da sempre, per noi e per il pubblico. E non potrebbe che essere così».

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La Treves Blues Band con Bruce Springsteen

Adelia Brigo
adelia.brigo@varesenews.it

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Pubblicato il 03 Settembre 2024
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