Rapinato alle stazioni di Varese tre anni fa: “Per riavere il cellulare devi pagare”
In aula il processo per i fatti del 2021 in un contorno di violenza e tentativi di sopraffazione. In aula l'imputato si difende: “Dormivo per strada"
Colpisce la casualità degli eventi: «Mi avevano buttato fuori casa, non sapevo dove andare e mi sono ritrovato alle stazioni di Varese». Il punto, ascoltato nell’ultima udienza in tribunale dinanzi al Collegio di Varese, è che il giovane uomo di origini libiche quella sera – oramai notte fra il 6 e 7 settembre 2021 – era andato oltre.
C’erano altre persone con lui, sospetti complici mai identificati, che gli diedero man forte nel rapinare e poi taglieggiare un soggetto che anch’egli aveva scalto la stazione come suo luogo di temporanea dimora.
Un quadro desolante di umanità dolente ai margini della società, in una delle zona ritenute più sensibili del capoluogo, fatte di dipendenze sommate sovente alla violenza.
Dunque quella sera avviene secondo la Procura una rapina: la vittima viene prima minacciata da un coltello estratto dall’imputato, lama che teneva nascosta nei pantalini, e sotto la minaccia dell’arma impropria ecco la richiesta spiccia: «Dammi il cellulare».
Avvenuta la consegna, ecco la richiesta di denaro: «Pagami per riavere il telefono». Ma la richiesta di denaro non viene perfezionata: la vittima viene di fatto accompagnata alle vicine Poste per prelevare dei soldi, ma il passaggio di soldi richiesto, che equivale a 50 euro, non c’è.
Ed ecco che l’accusa diventa rapina aggravata (dall’uso dell’arma) e tentata estorsione.
In aula c’è voluta l’interprete per tradurre le poche parole pronunciate dal giovane uomo finito in carcere successivamente al fatto: venne denunciato dalla vittima, fermato e finito dietro le sbarre, poi rimesso in libertà dal giudice. Nelle prossime udienze il procedimento arriverà agli sgoccioli. L’imputato è difeso dall’avvocato Gianmarco Piras .
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