È partito da Secondigliano il commando per l’assalto a mano armata alla banca di Cocquio Trevisago
Il racconto dei testimoni: “Legati con fascette da idraulico. Avevano il taglierino”. A Varese il processo di uno dei 4 componenti della banda dopo il patteggiamento degli altri tre
Lo sconosciuto si affaccia allo sportello della piccola filiale di paese. «Devo aprire un conto», dice, con accento del Sud.
Le cassiere lo guardano di sottecchi ma non sanno ancora che entro pochi minuti finiranno nel retro dell’istituto di credito, alcune con le mani legate, e con le spalle al muro.
«Ero in ufficio assieme ad una collega ed è entrata una persona. Mi sono sporta per vedere chi era, se era un cliente. A quel punto quell’uomo alto, cappellino ed occhiali, coi guanti ha parlato: ‘Questa è una rapina’. Mi sono agitata, ci ha fatti entrare in una stanza con clienti e altri colleghi che erano già stati rinchiusi».
A parlare una dipendente con funzioni di vice direttore che ricorda quel giorno: si è aperto infatti giovedì a Varese il processo per uno dei quattro componenti della banda che nella tarda mattinata del 19 gennaio scorso ha rapinato la filiale di Cocquio Trevisago del Crédit Agricole portandosi via un bottino di oltre 100 mila euro.
Nel racconto subentra anche il secondo rapinatore entrato nella filiale. Un uomo armato di taglierino, più basso dell’altro. «Una collega era in difficoltà: aveva un attacco d’ansia e l’abbiamo aiutata. I rapinatori hanno chiesto della cassiera, e sono andati con lei nel caveau. Nel frattempo un cliente è entrato in banca, ignaro, e subito gli sono state messe le fascette nere da elettricista, per fermarlo».
Alcune di queste fascette sono state messe al contrario e le dipendenti sono riuscite a liberarsi e a dare l’allarme una volta terminato il tutto. Nel corso dell’udienza è stato ascoltato l’allora responsabile della stazione carabinieri di Besozzo che ha raccontato la primissima attività investigativa che ha permesso di fermare subito l’autista dell’auto, priva di copertura assicurativa, trovata dalla polizia locale di Cocquio Trevisago. Quel giorno gli agenti della Locale trovarono l’auto sospetta nel parcheggio del vicino centro commerciale: l’uomo alla guida, di origini campane, ha fatto subito pensare ai carabinieri un preciso quadro investigativo dal momento che l’esperienza sul territorio ha portato i militari a collegare la rapina ad una ‘batteria’ di malviventi arrivati da fuori (come in effetti è andata, si scoprirà più tardi).
A giudizio giovedì c’era il quarto rapinatore finito dinanzi al giudice collegiale con rito immediato (gli altri quattro hanno scelto la strada della patteggiamento formalizzato solo qualche giorno fa). La banda – dicono le immagini delle telecamere raccolte dai militari di Besozzo e le indagini successive – era partita dalla Campania (Secondigliano, nel Napoletano) la notte precedente, e il veicolo era stato visto passare da Besozzo il giorno prima, nella giornata del 18 gennaio 2024 come risulta dalle telecamere di sorveglianza e dai varchi “lettura targhe“ di cui il territorio è provvisto. Il cellulare del soggetto arrestato a Cocquio, poi, al suo interno conteneva la foto di un membro del commando e che verrà poi fermato dalla Polfer a Milano nelle ore successive (gli altri due rapinatori sono stati arrestati nel Napoletano) grazie alle note di rintraccio nel frattempo diramate dal nucleo Investigativo dei carabinieri di Varese.
E sempre il lavoro investigativo dei militari del capoluogo ha permesso di far scattare gli arresti per gli altri due componenti del commando rimasti in libertà: uno arrestato a Casoria, l’altro fermato nelle strade di Cardito, sempre nel Napoletano colpiti da ordinanza di custodia cautelare in carcere spiccata dal Gip di Varese.
Nella casa di uno dei due sono stati trovati contenti per 14 mila euro (parte dei 95 mila rapinati oltre ad altri 5 mila franchi svizzeri) in una credenza. Sul fronte delle indagini, la corrispondenza dei quattro soggetti che hanno partecipato al colpo è stata riscontrata confrontando il dna dei fermati con quello presente e repertato dalla Scientifica dei carabinieri all’interno dell’auto.
A fine mese altri testimoni in aula, poi le conclusioni con la richiesta di pena da parte del pubblico ministero Carlo Bray.
A quanto pare non sembra che i quattro finiti nella maglia della giustizia siano affiliati a cosche locali di criminalità organizzata: piuttosto sembra di trovarsi di fronte a cani sciolti, trasfertisti della rapina che hanno operato a grande distanza dai luoghi di origine portandosi appresso un certo bagaglio di inesperienza che non ha difatti lasciato loro scampo.
(foto Pixebay)
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