La frode “carosello“ all’ombra delle Prealpi: sequestri per 29 milioni dalla Finanza

Scambi fittizi fra società con sede entro i confini dell'Unione europea con l'intento di invadere il mercato con prodotti sotto costo. Uno dei depositi era nel Comasco. Due gli inagati

Guardia di finanza di Como

Scambi fittizi fra società con sede entro i confini dell’Unione con l’intento di invadere il mercato con prodotti sotto costo; è la “frode carosello“ che necessita di due requisiti fondamentali: società che operano all’interno dei confini europei, e un mercato a cui rivolgersi per sbaragliare la concorrenza con prezzi stracciati poiché privi di Iva.

Ma nelle ultime ore le Fiamme Gialle dei Comandi Provinciali di Como e Latina hanno dato esecuzione ad un Decreto di sequestro preventivo per quasi 30 milioni emesso dal Tribunale del capoluogo pontino nell’ambito di un’indagine che ha riguardato un’organizzazione criminale dedita alle frodi all’IVA.

LE INDAGINI
In particolare, le indagini inizialmente svolte autonomamente dai Nuclei di Polizia Economico – Finanziaria di Como e Latina, a seguito di convergenze investigative su alcune società, sono state riunite e quindi coordinate dalla Procura Europea – Ufficio di Milano e Roma.

LA FRODE CAROSELLO
Le investigazioni hanno rivelato come gli indagati avessero architettato un complesso e ramificato sistema di “frode carosello” che ha interessato diversi Paesi quali Cipro, Repubblica Ceca, Spagna, Paesi Bassi, Belgio, Germania, Lussemburgo, Slovacchia, Polonia, Slovenia, Ungheria, Estonia e Svizzera.

IL TRUCCO
Attraverso indagini finanziarie, pedinamenti e intercettazioni, i finanzieri hanno ricostruito il sofisticato sistema di evasione dell’IVA basato sulla commercializzazione di prodotti elettronici, in particolar modo Apple AirPods, che venivano ciclicamente venduti tra le società coinvolte nella frode senza mai raggiungere i consumatori finali. Gli auricolari, sostanzialmente sempre gli stessi, erano ceduti da compiacenti fornitori comunitari a varie società italiane, spesso semplici “scatole vuote” prive di strutture operative e intestate a prestanomi, passando di mano in mano solo cartolarmente, per giungere infine alle aziende beneficiarie della frode che provvedevano alla loro esportazione all’estero propedeutica all’inizio di un nuovo “ciclo”.

SOTTOCOSTO
Si è infatti scoperto, attraverso l’analisi della documentazione commerciale esaminata, che la merce, oggetto di transazione nel circuito chiuso, sebbene coinvolta in diverse cessioni, subiva movimentazioni fisiche limitate ai trasferimenti da e verso l’estero, passando di proprietà in proprietà ma restando ferma nei vari depositi logistici utilizzati dall’organizzazione criminale uno dei quali ubicato in territorio comasco. In sostanza, i prodotti elettronici, una volta importati in Italia, erano ceduti sottocosto ai vari schermi societari cagionando, nella prima fase della commercializzazione, la totale evasione dell’imposta sul valore aggiunto. Dopo diverse cessioni, le ultime società acquirenti, realmente esistenti ed operanti sul mercato, rivendevano gli AirPods all’estero, ovviamente a cessionari compiacenti, senza l’applicazione dell’IVA (come previsto dalla normativa vigente), riuscendo così a maturare fittizi crediti di imposta, generati dagli acquisti precedenti, che venivano usati per compensare i tributi da pagare o chiesti a rimborso all’Agenzia delle entrate.

La prima fase delle indagini si concludeva nel 2023 con l’esecuzione di quattro Ordinanze di custodia cautelare (due in carcere e due ai domiciliari) emesse nei confronti dei principali organizzatori della frode ritenuti responsabili di associazione a delinquere (art. 416 c.p.) finalizzata alla commissione dei reati tributari previsti dagli artt. 8 (emissione di fatture per operazioni inesistenti) e 2 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti) del D. Lgs. 74/2000. Nelle scorse ore, invece, si è data esecuzione al Decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Latina che, accogliendo la richiesta del Procuratore europeo delegato di Milano e di Roma, ha disposto il sequestro preventivo diretto e per equivalente, fino a concorrenza di € 29,3 milioni, di beni nella disponibilità dei due indagati, sottoposti tuttora agli arresti domiciliari in Reggio Emilia e Cava dei Tirreni (SA), luoghi in cui avevano sede le società a loro riconducibili coinvolte nella frode.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 18 Ottobre 2024
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