Sotto la pioggia e tra tensioni: finisce dopo otto ore lo sgombero degli attivisti sugli alberi a Gallarate
Otto ore e mezza di sgombero scattato alle cinque del mattino, con l’arrivo in forze della polizia di Stato e della polizia locale e l’immediata, successiva mobilitazione di tutta la galassia di attivisti che si sono aggregati nell’arco di due mesi
Imbragatura indossata e caschetto da arrampicata alla cintura, compaiono sotto la pioggia alle 13.30, arrivano a piedi lungo via Curtatone. Sono le ultime due attiviste ad essere sgomberate dal bosco, convinte un po’ dalla gentilezza dei vigili del fuoco (intervenuti con autoscala) ma soprattutto dalla vista sul bosco intorno, ormai in gran parte tagliato dall’impresa forestale.
Finisce dopo otto ore e mezzo lo sgombero del presidio di via Curtatone. Finisce un’esperienza durata due mesi quasi esatti, dal 7 agosto quando gli attivisti del comitato Salviamo gli alberi di Gallarate si erano precipitati nel bosco ottenendo un primo stop al taglio dell’area verde, destinata a essere occupata dal nuovo polo scolastico unico dei quartieri di Caiello e Cascinetta (sostitutivo di quattro strutture esistenti, tra primarie e asili).
Otto ore e mezza di sgombero scattato alle cinque del mattino, con l’arrivo in forze della polizia di Stato e della polizia locale e l’immediata, successiva mobilitazione di tutta la galassia di attivisti che si sono aggregati nell’arco di due mesi.
Quelli del comitato, i giovani ambientalisti libertari del Gruppo Tanuki, i comitati di altre zone limitrofe (come quello che ha lottato per anni contro la ferrovia Gallarate-Malpensa), ma pure la anziana signora del quartiere che ha l’orto dietro al bosco e che per tutta la mattina parla di verdure e importanza della terra ai poliziotti in tenuta da ordine pubblico, schierati a impedire ingresso al tratto centrale di via Curtatone.
Una mattina che vive di momenti di pausa e momenti di tensione, ritmati dalle accuse dei manifestanti ai poliziotti schierati. Con un breve contatto tra agenti e manifestanti a metà mattina, quando una ragazza rimedia un colpo di scudo in faccia e per qualche minuto la temperatura dello scontro si surriscalda.
Nelle prime ore, prima ancora che sorga il sole velato dalla pioggia, la polizia allontana i manifestanti che si trovavano lungo la via e smonta il presidio permanente. Poi inizia la pressione per ottenere la resa di ragazze e ragazzi che si sono arrampicati sugli alberi: gli operai forestali iniziano a tagliare le piante intorno, suscitando la reazione dei manifestanti assiepati verso Cascinetta, che contestano la pericolosità dell’operazione.
Alle 8.30 alla pasticceria Aurora a Cajello il sindaco Andrea Cassani ha in programma una tappa del suo tour dei rioni. Una parte di manifestanti si sposta lì per un confronto: gli attivisti contestano il progetto, il sindaco lo difende e li accusa di non aver agito per tempo e con gli strumenti di legge, rivendica anche il fatto che fosse nel suo programma elettorale per cui è stato eletto nel 2021. I manifestanti criticano la mancata partecipazione sostanziale sul progetto. Il confronto è animato ma, salvo qualche intemperanza, civile.
Al bar di Cajello il confronto tra il sindaco e i manifestanti durante lo sgombero di via Curtatone
Da metà mattina vengono tirati giù prima due, poi un terzo attivista. A ogni passaggio corrisponde un momento di contestazione alla polizia là dove sono concentrati i manifestanti, lato Cascinetta, appena fuori dall’area cinturata.
Alla fine rimangono solo due ragazze, quando arrivano i vigili del fuoco con l’autoscala.
Scendono ma rivendicano due mesi di lotta. E inseriscono via Curtatone in una mobiltazione più ampia: “Abbiamo intenzione di continuare comunque questa lotta, fare sensibilizzazione, occuparci di tutti quei boschi che sono in questa zona e che sono a rischio. Questo non era un caso isolato, è un pezzo di una politica che cementifica tutte le aree verdi”.
Non ci sono arresti, anche se arriveranno le denunce. Lo sgombero finisce con gli ultimi abbracci tra manifestanti, sotto la pioggia divenuta insistente. Tutti – attivisti e poliziotti – sono fradici d’acqua.
Dopo ore di confronto aspro, non si guardano più neppure in faccia.
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