Sputnik 1: il primo satellite artificiale aprì la contesa per il controllo del cielo
4 ottobre 1957. Quella che per i cuori di molti fu il primo passo verso le stelle, nei fatti dimostrò che l’URSS poteva colpire i paesi NATO con ordigni nucleari. Gli USA, spaventati, puntarono dunque alla Luna con un pretesto poetico
4 ottobre 1957. Quella che per i cuori di molti fu il primo passo verso le stelle, nei fatti dimostrò che l’URSS poteva colpire i paesi NATO con ordigni nucleari. Gli USA, spaventati, puntarono dunque alla Luna con un pretesto poetico, ma si trattava in realtà di una sfida tecnologica che costò loro circa 25 miliardi di dollari degli anni Sessanta.
L’arte pirotecnica è antichissima, nata in Cina attorno al X secolo e furono presumibilmente sempre cinesi i primi ad utilizzare il razzo con finalità belliche, ad esempio abbinandolo all’uso di frecce che andassero più lontano. Per secoli tuttavia l’utilizzo dei razzi in guerra ha avuto il grosso limite del sistema di guida, perché una freccia non è molto diversa da un sasso: una volta che è stata lanciata la sua traiettoria non è più controllabile ed è anzi sottoposta agli agenti esterni, primo fra tutti il vento.
In occidente il razzo ha fatto molta fatica a prevalere sul cannone, tuttavia nel tempo questa tecnologia si è progressivamente spostata da oriente verso occidente ed alla fine del Settecento i Britannici, a seguito di una sconfitta subita in battaglia dagli Indiani, si convinsero che il razzo poteva essere studiato meglio per farlo diventare un’arma più efficace.
In particolare fu osservato che il razzo usato dagli Indiani per lanciare falci o per appiccare incendi aveva una caratteristica interessante: una camera di combustione metallica che gli consentiva prestazioni superiori e lanci con gittate fino a 2 km. Gli Inglesi fecero tesoro di queste osservazioni, in particolare Sir Willliam Congreve progettò e sviluppò a sue spese un nuovo tipo di razzo che prese il suo nome. Il Museo Storico Nazionale di Artiglieria di Torino espone alcuni esemplari di razzi Congreve ed alla Biblioteca Reale di Torino è consultabile il trattato originale pubblicato dall’inventore medesimo, nel 1827, per divulgare l’idea.
I razzi Congreve tuttavia, pur avendo una buona capacità di penetrazione, non erano veloci ed erano molto imprecisi, tanto è vero che trovarono un reale impiego bellico solo in Marina, non tanto per la loro efficacia, quando per l’assenza di rinculo, cosa questa che ne consentiva il lancio anche da imbarcazioni non rinforzate: essi erano nei fatti un’arma incendiaria.
E’ rimasta nella storia recente la battaglia di Baltimora (1814) ancora una volta persa dagli Inglesi, nella quale venne fatto ampio uso di razzi Congreve. Questa battaglia è rimasta nell’immaginario collettivo degli Americani, tanto è vero che le scie rosse dei razzi sono citate nell’inno nazionale USA e sono volutamente rappresentate nelle strisce della loro bandiera.
Solo nel XX secolo tuttavia il razzo è diventato davvero efficace, con l’aumento delle prestazioni e, soprattutto, con l’aggiunta del sistema di guida che trasforma – è questa una differenza tecnica – un semplice razzo in un missile. Oggigiorno si è in grado di colpire il nemico passando dalla finestra della camera da letto, ma nel secondo dopoguerra ciò che rese il razzo un’arma temibile fu la capacità di portare carichi pesanti al di sopra dell’atmosfera.
J. Robert Oppenheimer, il padre del programma nucleare USA durante la guerra, aveva intuito che le due bombe atomiche lanciate sul Giappone nel 1945 avrebbero aperto una strada senza ritorno. Si oppose per questo allo sviluppo della bomba H americana, ma senza successo.
Dopo un primo ordigno ad idrogeno esploso dagli USA nel novembre 1952, l’URSS annunciò di avere sperimentato, nell’agosto ’53, la propria bomba H denominata Joe4. A differenza degli ordigni USA, troppo ingombranti, quelli sovietici erano ordigni
virtualmente meno potenti, ma perfettamente trasportabili. Per questo gli USA accolsero con malcelato terrore la notizia del lancio del primo satellite artificiale, lo Sputnik 1, il 4 ottobre del 1957.
Era iniziata l’era spaziale, cioè la corsa alla sicurezza del cielo sopra le nostre teste, che veniva messa in dubbio dal fatto che un razzo sovietico, l’R7, in occidente chiamato SS6 Sapwood, era in grado di mettere in orbita attorno alla terra un oggetto sconosciuto che emetteva un segnale radio ben riconoscibile. Da qui partì la corsa alla Luna, poi vinta dagli USA nel 1969, tuttavia, anche se è triste ammetterlo, la “poesia dello spazio” è stata solamente un pretesto.
Attualmente in Europa la tecnologia associata alle armi di distruzione di massa è prudentemente coltivata in forma condivisa, anche sulla base dell’adesione al trattato di non proliferazione nucleare, sottoscritto dall’Italia con la legge 131 del 1975. Sulla carta, cioè, ben pochi paesi fabbricano questi ordigni in autonomia: gli stati sovrani si sono specializzati. In Italia eccelliamo nella costruzione di razzi balistici: a sud di Roma abbiamo un’azienda storica nel settore, che da decenni lavora molto per l’Europa costruendo boosters.
Un booster, in tempo di pace, è semplicemente un razzo molto potente che aiuta un veicolo spaziale pesante a decollare ed a superare i primi 50 km di altitudine, erogando oltre il 90% della spinta totale per circa due minuti: esso tuttavia in guerra può diventare un’altra cosa. Fortunatamente, l’uso di testate nucleari in un conflitto è oggi giudicato poco probabile.
Antonio di Biase
Scheda del libro ispiratore:
R. Monk – “Robert Oppenheimer, l’uomo che inventò la bomba atomica” – Bompiani – 2023
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