Stretta sui conti pubblici, il caso Mady Giò accende i riflettori sugli influencer
In un articolo sul Corriere della sera annunciate azioni da parte della Finanza per controllare la platea dei digital content creator sul territorio. La collaborazione delle piattaforme su cui vengono veicolati i contenuti
Lei sui social si difende, ed è lecito. Ma è pure scontato che la guardia di Finanza indaghi dove crede che esistano discrepanze fra dichiarazioni messe “a verbale“ su radio o articoli di giornale e quanto in realtà dichiarato al fisco.
Il caso “Mady Giò”, la prorompente influencer passata, dopo un impiego comune e modesto, prima da «Twitch» (il social dove la tua vita viene ripresa in diretta e interagisci anche per ore e ore coi tuoi followers), e poi grazie alla platea offerta da Instagram anche al più impegnativo Onlyfans, è al centro di un’indagine proprio delle Fiamme gialle per la verifica di quanto dichiarato al fisco italiano a fronte di una residenza fiscale (in Svizzera) considerata dagli investigatori come fittizia. Accuse, e difese: innocenza fino a prova contraria.
Ma il fatto ha prodotto clamore. Non solo per una platea oggettivamente sterminata di seguaci sui social (oltre un milione e mezzo i followers su Ig), ma anche per la pletora di soggetti che si lancia in avventure sulle piattaforme di condivisione che ti portano chissà dove, anche a livello di incassi. Dunque è di oggi che la notizia di cronaca risalente a lunedì si è incanalata in un discorso complessivo sui conti pubblici, che senza troppi giri di parole si riferiscono alla necessità del bilancio publico di incrementare le entrate.
Come? Già nella nota inviata dal portale della Guardia di Finanza a corredo della notizia si faceva riferimento a quanto segue, cioè che le indagini, partite nel maggio del 2024 sono partite «nell’ambito del dispositivo di contrasto all’evasione fiscale, hanno analizzato la platea dei digital content creator residenti nel territorio», attività «svolta con il censimento di influencer e soggetti operanti sul web che, per il tramite di interviste e sulla base della capacità contributiva condivisa sui propri canali social, risultavano non coerenti rispetto alle dichiarazioni fiscali presentate». La medesima formula rientra in quella utilizzata oggi, 8 ottobre, in un pezzo che tratta cronaca di economia pubblica sul Corriere della sera dove si fa riferimento alla “Linea Giorgetti” (ministro dell’Economia e delle Finanze) sulla necessità di maggiori entrate dello Stato. Il contrasto all’evasione è fissato nel titolo, dunque «quando Giorgetti dice che tutti devono contribuire in funzione dei loro redditi, non ha in testa un principio astratto».
In effetti l’analisi della platea dei nuovi (e potenziali) “super ricchi” rappresenta di certo una delle armi in mano alle Fiamme gialle: non solo i militari possiedono software in grado di interpolare dati e flussi di danaro, ma proprio dalle indagini sul caso Mady Giò emerge una non sempre scontata collaborazione fra gli investigatori italiani e le piattaforme di condivisione di contenuti, che sembrano colossi impenetrabili, ma che in questo caso hanno fornito ampia e copiosa documentazione a beneficio della contestazione fiscale (che però ha portato ad una denuncia, nel caso specifico, per “dichiarazione infedele“) mossa dalle fiamme gialle.
«Contrastare l’evasione fiscale», concludeva il comunicato firmato dagli uomini del generale Crescenzo Sciaraffa «significa contribuire al processo di ripresa e di rilancio dell’economia del Paese e favorire una più equa ripartizione del prelievo impositivo tra i cittadini (“pagare tutti per pagare di meno”)».
Un tema, quello legato all’evasione fiscale, su cui peraltro ha di recente legiferato il Governo sulla revisione del sistema sanzionatorio tributario che ha però rimodulato al ribasso le sanzioni previste proprio per questa fattispecie di illecito penale.
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