Via il dito con la sega circolare, chiesti a Varese 6 mesi per il datore di lavoro

Processo in corso per fatti risalenti a quattro anni fa. Il pm chiede la condanna, e la trasmissione degli atti alla Procura per il socio che assoldò il lavoratore in nero e per l'architetto responsabile dei lavori, (non imputati)

Generico 21 Oct 2024

Il lavoretto in nero facile facile per arrotondare la giornata. La contrattazione con un disoccupato al bancone di un bar: «Te li vuoi fare due soldi? Guarda, c’è da sistemare un appartamento».

Ma l’uomo “assunto“ come manovale per lavori di tinteggiatura e posa di profili torna a casa con una falange in meno, portata via dall’impiego di una sega circolare priva delle necessarie misure di sicurezza. Era il 25 novembre del 2020.

Questa è l’accusa che la Procura della repubblica muove ad uno dei due titolari di una società varesina che si occupa di ristrutturazioni: un contesto artigiano, con le sole maestranze determinate dal lavoro dei soci legati da stretto legame di parentela chiamati da un architetto per completare la ristrutturazione di un appartamento nel capoluogo prealpino.

IL FATTO
Il lavoro – dalla ricostruzione fatta in aula – era stato eseguito dall’operaio improvvisato (oltre che in nero, l’uomo non aveva alcun tipo di formazione specifica), ma durante un sopralluogo dell’architetto responsabile dei lavori, e senza la presenza di nessuno dei due titolari dell’impresa, ecco la richiesta: occorre posare dei “coprifili“ aggiuntivi in un locale. Un’operazione che si traduce nell’innocua definizione delle misure dei manufatti da posare che precede però un’operazione assai delicata, vale a dire il taglio in precisione con la sega circolare posizionata nell’area cantiere dell’appartamento.
E qui avviene l’irreparabile: secondo la relazione eseguita dal dipartimento prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro di Ats Insubria la sega circolare era priva di sistemi di sicurezza: il macchinario viene acceso, il taglio eseguito, e col profilo viene inciso anche un dito dell’operaio, una falange tranciata con 46 giorni di prognosi dei medici di pronto soccorso. La refertazione di ps parla di infortunio sul lavoro, anche se del contratto non vi è traccia, perché non c’è. Le indagini arrivano alla società che stava occupandosi della ristrutturazione, e a giudizio finisce uno dei due soci, però quello che aveva sulla carta una «delega di funzioni» in materia di sicurezza (anche se materialmente egli non aveva di fatto assoldato l’operaio, operazione fatta dall’altro socio).

LA RICHIESTA DI CONDANNA
Per i pubblico ministero un comportamento bastevole per un condanna a 6 mesi oltre alle pene accessorie, con la trasmissione degli atti alla Procura per il comportamento del datore di lavoro, oggi non indagato, che ha assoldato il lavoratore in nero, e dell’architetto responsabile dei lavori. L’operaio dopo l’infortunio è stato assunto e risarcito dalla società.

LA DIFESA
Un fatto che a detta della difesa va considerato, insieme ad altri due fattori che a suo avviso scagionerebbero da responsabilità l’imputato, cioè che quest’ultimo non aveva chiesto nulla al lavoratore, assoldato di fatto dall’altro socio: «Non c’è prova che abbia avuto un ruolo nella vicenda, neppur sapeva che il lavoratore era stato chiamato a operare». Poi, nello svolgersi dei fatti, l’intervento sul cantiere dell’architetto, con la richiesta di un lavoro specifico, avrebbe influito sul nesso causale del fatto. A metà novembre la sentenza.
(foto: pixebay, generica)

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 23 Ottobre 2024
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