Il caso Arçelik-Beko: un banco di prova per la sovranità economica italiana
Mostrare che l’Italia è in grado di difendere i suoi interessi e garantire stabilità industriale dimostrerebbe che le decisioni fondamentali sul nostro territorio non si prendono senza il coinvolgimento della nostra nazione
La crisi industriale legata alla ristrutturazione di Arçelik-Beko in Italia non è solo un problema locale: è una partita geopolitica e strategica che richiede una risposta all’altezza del ruolo che l’Italia riveste nel panorama globale.
Non si tratta solo di salvaguardare migliaia di posti di lavoro direttamente coinvolti nei tre stabilimenti a rischio chiusura, ma di difendere il tessuto economico e sociale italiano, l’intero comparto manifatturiero e il futuro delle industrie strategiche.
Una questione di sovranità economica. L’Italia è la terza economia dell’Unione Europea e la seconda potenza manifatturiera, superando persino la Francia. Come membro fondatore dell’UE e paese del G7, non può permettersi che decisioni prese unilateralmente da un’azienda straniera dettino il destino di un settore così rilevante. I tre stabilimenti in gioco rappresentano solo la punta dell’iceberg: l’indotto specifico coinvolge probabilmente 10.000 posti di lavoro, mentre il settore degli elettrodomestici sostiene centinaia di migliaia di famiglie. Se non si agisce ora, si apre la strada ad altre delocalizzazioni indiscriminate.
Un approccio multilivello. Le proteste e gli scioperi sono legittimi e necessari, ma questa crisi non si risolverà solo nei cortei o al tavolo delle trattative sindacali. Serve una visione strategica che elevi il confronto a un livello geopolitico.
Diplomazia economica. Il governo italiano deve coinvolgere il Ministero degli Esteri e convocare un tavolo di alto livello con gli ambasciatori turco e americano, data la quota del 25% di Whirlpool ancora detenuta in Beko Europe. È indispensabile l’appoggio di figure chiave della politica europea, come Paolo Gentiloni, per mettere in campo l’intero peso dell’UE.
Pressione sugli interessi turchi in Italia. La Turchia ha interessi economici significativi in Italia, dalle esportazioni automobilistiche alle materie prime come ferro e acciaio. Il governo italiano può riconsiderare politiche commerciali e incentivare la diversificazione dei fornitori. La possibilità di bloccare o ostacolare alcune operazioni strategiche turche in Italia dovrebbe essere chiaramente posta sul tavolo.
Mobilitazione europea. L’Italia può usare il suo peso politico nell’UE per sollecitare una revisione delle relazioni commerciali con la Turchia, a partire dall’Unione doganale, se non si rispetta l’impegno verso la sostenibilità economica e sociale nei Paesi membri. Questa vicenda può diventare un segnale forte per il futuro.
Mostrare che l’Italia è in grado di difendere i suoi interessi e garantire stabilità industriale dimostrerebbe che le decisioni fondamentali sul nostro territorio non si prendono senza il coinvolgimento della nostra nazione. Non è solo una questione di economia, ma di dignità e sovranità. Se il governo italiano sarà capace di unire tutti gli attori rilevanti e di portare la discussione a un livello strategico internazionale, questa crisi potrà trasformarsi in un’opportunità per riaffermare il ruolo dell’Italia come leader industriale e politico in Europa e nel mondo.
“Non è possibile risolvere un problema con lo stesso livello di pensiero che sta creando il problema”, Albert Einstein.
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