In aula il racconto tra le lacrime di una ventenne: “Io, sfregiata a Luino dopo la lite in un locale“
Alla base del fatto per il quale si celebra il processo una lite per un ragazzo. La zuffa, poi il sangue. “Aveva un pezzo di guancia che le cadeva sul volto”
È tarda sera tra l’11 e il 12 giugno 2022 a Luino, in un locale molto noto in riva al lago e parecchio frequentato dai giovani. C’è aria di festa, drink, musica e risate, ma tra due ragazze poco più che ventenni il clima è quello della resa dei conti.
Alla base dei pesanti dissapori, la rivalità per un ragazzo conteso. Partono gli sguardi in cagnesco, di sfida, poi un primo contatto, con le due che ruzzolano a terra mentre si accapigliano. Un primo round che si conclude poco dopo, con una delle due che, per la rabbia, spacca una bottiglia di vetro a terra. Quei cocci diventano l’arma che, poco più tardi, la rivale avrebbe utilizzato per deturparle il volto e il torace.
Il racconto della parte offesa, ascoltato martedì a Varese durante un processo in corso per sfregio, è drammatico: «Ero seduta su un muretto del locale, lei si è avvicinata e mi ha detto: “Ritardata, adesso ti ammazzo”. Il tempo di sentirla e mi sono trovata a terra, caduta di schiena, presa a calci e pugni. Qualcuno mi teneva le braccia verso l’alto, io scalciavo. A un certo punto mi sono sentita toccare e pungere al petto e al volto. Quando ho riaperto gli occhi, un ragazzo mi ha aiutata a rimettermi in piedi e mi ha detto che perdevo sangue».
Un racconto difficile da pronunciare per la giovane poco più che ventenne, che quella sera è finita in pronto soccorso a Luino. È stata subito affidata ai medici, che hanno cercato di ridurre il segno al volto, nella zona destra della guancia che corre fino all’orecchio.
«Oltre alle cure cliniche, ho dovuto sottopormi a un percorso psicologico. Soffro d’ansia. Ho sfiducia nel mondo. Mi sento a disagio con gli uomini», ha spiegato, tra le lacrime, la giovane che, come conferma il suo legale – che la segue nel processo come parte civile –, è stata presa in carico da un centro antiviolenza di Varese, “Eos”.
L’accusa è pesante: viene contestato il reato di “deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso”, introdotto nel sistema legislativo italiano dopo la vicenda famigerata degli “amanti dell’acido”. Una pena che, in caso di condanna, prevede una detenzione da 8 a 14 anni.
Il difensore dell’imputata, l’avvocato Corrado Viazzo, ha controinterrogato la vittima dopo le domande del pm Lorenzo Dalla Palma. Nel corso dell’esame, il legale ha messo in evidenza alcune ricostruzioni ritenute approssimative da parte della vittima, che ha ammesso di aver fumato uno spinello di marijuana e bevuto tre drink a base di superalcolici quella sera.
Saranno fondamentali le testimonianze successive, che verranno ascoltate dal collegio di Varese davanti al quale si celebra il processo. Una testimone chiave, una ragazza presente nel locale quella sera e chiamata dall’accusa, ha raccontato di aver visto le condizioni della ferita: «Aveva il volto pieno di sangue. Un pezzo di guancia le penzolava sulla faccia».
Al netto della formula legata alla presunzione d’innocenza, che l’eventuale prova in questo procedimento è in via di definizione, emergono alcune assonanze con un altro procedimento simile, come si ricorderà il caso di uno sfregio avvenuto a Leggiuno quattro anni fa: anche in questo caso alla base dei dissidi fra due donne gli stessi ingredienti: rivalità in amore, alcool, e violenza.
La prossima udienza per i fatti di Luino è fissata per i primi di marzo.
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