“Non disperdiamo la storia dell’ospedale di Gallarate”
Nel giorno dell’assemblea civica alle scuderie Martignoni, Massimo Gnocchi ricorda il grande patrimonio anche ideale che nei secoli ha costruito il Sant’Antonio Abate
“Andate a farvi un giro nel padiglione Boito e andando lì e rendetevi quale storia ci sia dietro l’ospedale di Gallarate. Una storia unica in questo territorio, tra le maggiori in Lombardia”, dice Massimo Gnocchi, consigliere comunale di Obiettivo Comune Gallarate.
Alla vigilia dell’assemblea civica sui servizi dell’ospedale (martedì 12 novembre, alle 21, alle Scuderie Martignoni, Gnocchi ha tra le mani il libro del professor Armocida che racconta la storia del Sant’Antonio Abate, dalle stanze nel centro storico (era nella attuale piazzetta Guenzani, di fianco al Teatro Condominio) all’ospedale ottocentesco di Camillo Boito, fino alla realtà di oggi.
“Il libro del professore Armocida ci venne donato in qualità di consiglieri comunali” ricorda Gnocchi. “Si apre con una frase che ritengo significativa : La storia di Gallarate passa anche dalla storia del suo ospedale”.
L’istituzione fu sostenuta, fin dal Settecento, da tanti benefattori, i grandi capitani dell’industria tessile (quelli i cui nomi ricorrono nei diversi padiglioni), ma anche famiglie più umili. Una serie di nomi – e volti – che ritornano appunto nel corridoio principale dell’ospedale vecchio del Boito.
Una storia che Gnocchi dice non deve essere dispersa in un ospedale unico staccato dalla città e senza più legami. Non solo storia, ma secondo Gnocchi anche un impegno per l’oggi, garantire continuità ai servizi: “Ancora moltissime persone non hanno chiaro lo scenario di disagio attuale che diventerà disastro domani. I problemi di oggi deriva dalle incertezze anche sul destino del Sant’Antonio Abate”.
Rispetto alla prospettiva dell’ospedale unico in territorio bustocco, Gnocchi conferma la sua contrarietà e ancora fa ricorso alla storia, ricordando quando a fine anni Cinquanta si esaminò l’idea di spostare il Sant’Antonio Abate in zone periferica. “Il consiglio di amministrazione dell’ospedale presieduto da Napoleone Zibetti, insediatosi nel 1957, scartò questa ipotesi, sia per i costi certamente elevato, sia perché rilevò che l’esistenza ed un funzionamento razionale del Sant’Antonio Abate nel centro cittadino consentisse una tempestività maggiore nel trattamento delle urgenze ed una consistente praticità nell’usufruire dei servizi, specie da parte dell’utenza compresa in fascia d’età alta“, ricordano ancora le pagine del libro di Armocida.
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