Riflessioni sulla guerra dove si morì per la libertà: il IV Novembre di Brissago Valtravaglia
"Le armi nuove da mettere a punto sono quelle per la salvaguardia del creato. La fratellanza e il rinsavimento delle coscienze ci risparmieranno nuova sofferenza". L'intervento di Calo Banfi
E’ ormai consuetudine che dopo la messa festiva celebrata nella chiesa di San Giorgio – dove si prega anche nel ricordo dei caduti – “il piccolo senato” (G. Carducci: “Il Comune rustico”) di paese si soffermi sul sagrato per partecipare alla deposizione della corona di alloro, a imperitura memoria e riconoscenza, per chi ha pagato con la vita il compimento del proprio dovere, riferito in particolare al primo conflitto mondiale che per l’Italia si chiudeva il 4 novembre 1918. La celebrazione continua con l’omaggio alla lapide che ricorda i cinque giovani della Gera di Voldomino, fucilati dai fascisti davanti al muretto del cimitero di Brissago, prosegue con la deposizione della corona al monumento dei caduti di Roggiano e si chiude al sacello lungo il Margorabbia, in località Al Piano, dove nell’aprile ‘44 sono stati rinvenuti in una fossa comune otto partigiani del San Martino; di tre non conosciamo ancora oggi il nome.
Difficile non cadere nella retorica celebrativa, ma questi mesti giorni, che toccano non solo l’Europa ma l’intero consesso umano, impongono una riflessione. L’uomo ha preso coscienza di avere un’ “anima” quando si è appropriato del culto dei morti. Ha proseguito questo suo cammino quando si è associato per combattere e superare le avversità della natura. Sui grandi fiumi – Nilo, Tigri ed Eufrate, Indo, Gange, Fiume Giallo, Fiume Azzurro… – per gestirne le acque sono nate civiltà che ancora oggi ammiriamo nelle vestigia e fasti che il tempo ha risparmiato. Erano rette dalla convivenza e dall’unione di intenti, regolate da codici e leggi, da rispettare e imporre quando il bene dell’altro o comune veniva messo in pericolo. Il ricorso all’uso della forza ha trovato giustificazione contro la trasgressione e ancora oggi giustamente ci si appella. In passato in crudeltà di pene e conflitti tra popoli e civiltà non si sono risparmiati nulla.
Anche oggi il disumano mette paura: ‘l’occhialuto uomo’ ha percorso tanto cammino nel mettere a punto ordigni che, se collocati nel cuore della terra, ne causerebbero la deflagrazione
(Italo Svevo: “La coscienza di Zeno”-1923- “… Ma l’occhialuto uomo, invece, inventa gli ordigni fuori del suo corpo e se c’è stata salute e nobiltà in chi li inventò, quasi sempre manca in chi li usa. Gli ordigni si comperano, si vendono e si rubano e l’uomo diventa sempre più furbo e più debole… Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po’ più ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto dove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie”.)
I segnali che giungono ci mettono in guardia dal pericolo di contrapporci solo perché uomini di ideologie, di religioni, di vita e consuetudini diverse e apparentemente divergenti. Il cuore e l’anima tremano alle immagini che i mezzi di informazione ci comunicano. No! Di sicuro non accadrà quanto raccontato da Svevo. Sarebbe assurda follia. Ma trasmettono un significato: l’essere umano con i suoi valori è in pericolo. Per la sua continuità ed esistenza deve render conto alla comune ‘madre terra’. Ne stiamo già pagando a duro prezzo la tragica follia perpetrata. A porre in discussione la presenza umana saranno i cambiamenti climatici, che già mettono alla prova sistemi abitativi, colture agricole e paesaggi con desertificazioni e alluvioni, caratterizzate da precipitazioni spesso improvvise e sempre più intense nella loro concentrazione. Le migrazioni non sono legate solo a guerre e dittature ma anche a problemi di sopravvivenza alimentare. Le armi nuove da mettere a punto sono quelle per la salvaguardia del creato. La fratellanza e il rinsavimento delle coscienze ci risparmieranno nuova sofferenza.
Un grazie a chi ha partecipato alla ricorrenza: cittadini, Sindaco, Parroco, Arma dei Carabinieri, Protezione Civile, Alpini e Amici degli Alpini. Un riconoscimento particolare al Gruppo Alpini di Brissago-Roggiano che si prende cura dei monumenti. Il sacello che si trova Al Piano, lungo la pista ciclabile, ha richiesto un drastico intervento di potatura della siepe che lo delimita; ne ha acquistato in veduta e centralità il monumento stesso. Soprattutto sono scomparsi gli atti di vandalismo che ne deturpavano il decoro. Un grazie sentito alla buona volontà degli alpini.
(di Calo Banfi)
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