Terra di leggende, il regno delle bocce – Lo sportivo
Come ogni domenica, la rubrica di Roberto Bramani Araldi ci porta un racconto per immergerci nell'affascinante mondo delle bocce
Era fatto così, ogni occasione era valida per misurarsi con qualcuno, fosse il vicino di casa, oppure l’occasionale compagno di scuola, oppure in seguito di lavoro, ma doveva competere, doveva dimostrare di essere capace di fare sport, si trattasse del calcio, il riferimento basilare della realtà italiana, del tennis, della pallavolo, della corsa: ogni circostanza rappresentava l’ideale, pur avendo la percezione dei suoi limiti, quindi della scontata possibilità di non riuscire a primeggiare, perché l’avversario era semplicemente più bravo. L’amore per lo sport aveva comunque un riferimento più sentito degli altri, un amore viscerale che trovava ancora più sfogo proprio per la sua innata sportività: le bocce, la raffa, non più sport popolare praticato da una moltitudine italica, ma non ancora di nicchia, con una buona visibilità, almeno in settori ove la tradizione rivestiva un ruolo importante.
Amava correre, non come Tom Hanks nella sua celebre interpretazione in Forrest Gump, film pluripremiato con una pletora di nomination alla famosa statuetta, ma gli piaceva, eccome, correre, specialmente nella zona di Gallarate, a Crenna, dove fino agli albori degli anni duemilaventi albergava uno splendido bocciodromo, con le sue quattro corsie continuamente frequentate da atleti coinvolti in competizione, omaggiato dalla sua posizione a crocevia con una logistica favorevole e adorato dal suo principale mentore Enrico Piotti.
Lasciava vagare la fantasia, rimpiangeva la chiusura, il muro di gomma di una ripresa forse diventata impossibile, soltanto ipotetica, lasciava vagare il pensiero, pensando che le porte si spalancassero di nuovo e si potesse udire l’impareggiabile rumore del cozzo delle bocce, colpite da spietati colpi di raffa o di volo a scolpire l‘immagine della bellezza d’imprese colme di fascino. Correva, non come Forrest Gump dal Pacifico all’Atlantico, ma correva e la sera tornava affaticato nella sua minuscola ma accogliente casa, una magione per lui, e si adagiava sul divano e lì si lasciava guidare dalla nostalgia e dal desiderio di riuscire a mutare le cose.
La zattera era sballottata da un vento impetuoso, le creste delle onde biancheggiavano di spuma, s’inabissava di colpo nel varco per poi risollevarsi repentina di nuovo sulla cima dell’onda successiva, si girava di continuo e lo sforzo per mantenere la poppa di fronte ai marosi era davvero improbo, gli sembrava di essere Thor Heyerdahl al timone di Kon-Tiki, ma la zattera si tramutava con velocità impressionante nel campo di bocce, che era spietatamente attraversato dalle masse d’acqua turbinosa, perdeva la sua linearità, si ondulava, si racchiudeva quasi a far toccare le due testate, poi si stendeva di nuovo sebbene il mare lo intridesse con la sua furia incontrollata, sembrava riuscisse a strappargli ogni minimo frammento di terreno, che disperatamente tentava di rimanere attaccato al fondo. La battaglia contro gli elementi proseguiva imperterrita, i campi tornavano a essere quattro, in seguito sparivano nei vortici e la sofferenza non poteva essere mitigata, occorreva lottare in attesa che la tempesta cessasse: solo in questo modo si poteva pensare di riprendere a sperare.
Dopo un tempo che avrebbe potuto sconfinare nell’infinito, la coscienza lentamente prese a riemergere, quasi con circospezione, Kon-Tiki cominciò a dissolversi, ripresero consistenza i campi di bocce, il bocciodromo di Crenna, la sua struttura esterna desolatamente chiusa e lui, lo sportivo, l’atleta, socchiudendo a fatica gli occhi che avevano abbandonato le visioni tragiche dell’oceano furibondo di volontà distruttiva, si rese conto delle pareti con le poche e disperse fotografie e la luce che filtrava debole dalla finestra affacciata sul cortile. Lasciò lo spazio alla sottile lamina della speranza che si stava insinuando fra i suoi sensi ed evitò di farsi trascinare, come affermò deciso Maksim Gorkij, che “gli uomini fossero tutti eroi perché erano capaci di dimenticare d’esser tutti condannati a morte, fin dal momento che aprivano lo sguardo alla vita”: perché Crenna non avrebbe potuto tornare a vivere?
Pillole di bocce
11 novembre – Bederese (a settori c/o Bedero e Vergiate) – prosegue regionale individuale
ABCD.
11 novembre – Daveriese – prosegue regionale individuale BCD.
16 novembre – Bottinelli/Vergiatese – ore 14, finale regionale individuale ABCD.
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