Chi dovrà processare Irene Pivetti&Co? I giudici di Busto lo chiedono alla Corte di Cassazione
Il problema della competenza territoriale del processo all'ex presidente della Camera è più complicato del previsto e i giudici di Busto Arsizio hanno deciso di spedire tutto ai giudici della Suprema Corte
Sarà la Corte di Cassazione a decidere la sorte del processo nei confronti di Irene Pivetti e altri sette per il caso della presunta truffa delle mascherine importate dalla Cina durante il Covid, costato allo Stato 35 milioni di euro in cambio di una parziale fornitura di dispositivi che non avrebbero rispettato gli standard richiesti dalla Protezione Civile.
Lo ha deciso il collegio giudicante del Tribunale di Busto Arsizio presieduto da Rossella Ferrazzi in risposta alle eccezioni sollevate dai difensori degli imputati che avevano rilevato l’incompetenza territoriale di Busto.
La vicenda giudiziaria, scaturita da una maxi inchiesta del pm di Busto Ciro Caramore, si trascina da ormai oltre un anno senza che si sia ancora deciso quale deve essere la sede del processo nei confronti della ex presidente della Camera, della figlia, del genero della Pivetti, dell’imprenditore Luciano Mega e di alcuni collaboratori della Only Italia Logistic.
Una novantina i capi di accusa nei confronti degli otto imputati che hanno commesso a vario titolo reati quali frode in pubbliche forniture, bancarotta, riciclaggio e autoriciclaggio che sarebbero stati commessi in vari luoghi d’Italia e all’estero. Un’intricata sequenza di vicende legate alla fornitura di milioni di mascherine prodotte in Cina e arrivate in Italia con falso marchio CE e realizzate con materiali che si sono rivelati scadenti da ogni punto di vista.
Una partita di queste mascherine venne sequestrata all’aeroporto di Malpensa e venne analizzata da laboratori specializzati che ne certificarono la pessima qualità, dando il via all’indagine della Procura di Busto Arsizio. Nel frattempo la società di Irene Pivetti aveva ottenuto già i 35 milioni di euro dalla Protezione Civile, soldi che si sono poi volatilizzati all’estero attraverso una moltitudine di canali che ne hanno reso impossibile il rintraccio. Alla fine sui conti ne vennero sequestrato poco più di un milione.
Delle tre questioni sollevate dai legali due sono state rigettate mentre la terza è stata accolta, cioè quella relativa al metodo per stabilire i passaggi da seguire quando sussistono più reati della stessa gravità commessi in luoghi diversi. Come ha avuto modo di spiegare la corte la questione è controversa essendovi sentenze della Corte di Cassazione che vanno in direzioni diverse. Se si segue alcune sentenze la competenza sarebbe di Busto, se se ne seguono altre la competenza potrebbe essere di Roma o Milano.
Di fronte alla complessità del caso i giudici di Busto hanno preferito non decidere direttamente e di chiedere agli ermellini di dipanare la matassa.
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