“Costretto a fuggire dalla Siria 53 anni fa. Oggi spero che nessuno rubi la rivoluzione”
Samir Baroudi, 81 anni, vive a Varese ormai da più di 53 anni. Architetto e artista, ha lavorato in diversi studi e per diverse attività nella nostra città oltre ad essere stato per anni portavoce della comunità islamica varesina: "Quando abbiamo saputo della cacciata di Assad abbiamo pianto tutti"
La Siria sta vivendo giornate di vera e propria rivoluzione. Il regime di Bashar al Assad e del suo partito Baath è caduto, il leader è scappato in Russia con tutta la sua famiglia e nella capitale le forze antigovernative guidate da Hts (Hayat Tahrir al-Sham) con a capo Abu Muhammad al Jolani hanno dato inizio a quella che loro stessi hanno chiamato una “nuova era”. La Siria rimane un Paese martoriato da 14 anni di guerra, con interi territori divisi, tra la pressione (e i bombardamenti) di Israele, la permanenza delle forze di occupazione turche e americane a Nord e ad Est del paese, la zona presidiata dai curdi al confine con la Turchia e l’Iraq.
Lungi da noi volerci addentrare in scenari geopolitici, che lasciamo agli esperti: in questi giorni si possono trovare analisi e commenti di ogni tipo, vi suggeriamo se volete farvi un’idea più precisa di consultare gli articoli di Ispi, Internazionale o de Il Post, sempre aggiornati, chiari e precisi sull’argomento.
Noi ci siamo limitati ad intervistare chi in Siria ci è nato, ha studiato e poi è dovuto scappare dal suo Paese perché inviso al governo dell’allora presidente Hafiz al-Asad poi sostituito dal figlio secondogenito Bashar. Samir Baroudi, 81 anni, vive a Varese ormai da più di 53 anni. Architetto e artista, ha lavorato in diversi studi e per diverse attività nella nostra città oltre ad essere stato per anni portavoce della comunità islamica varesina.
«In Siria studiavo architettura, ma il mio non essere allineato non piaceva al governo – ci racconta Samir -. Per questo ho dovuto lasciare tutto e sono dovuto scappare. Grazie a Dio sono riuscito ad arrivare in Italia dove mi sono costruito una vita, lavorando e sgobbando. Sono cittadino italiano da più di 30 anni e ringrazio il cuore grande di questo Paese che mi ha accolto, ma la mia mente e il mio cuore è sempre rivolto alla Siria e a Damasco, che è e sempre sarà casa mia».
«Io non sono un politico, ho sempre e solo cercato di costruire una società virtuosa e di aiutare il prossimo. Nonostante tutto ciò il governo siriano di allora ha fatto di tutto per mettermi i bastoni tra le ruote e mi ha costretto ad andare via seminando terrore e paura – prosegue Baroudi -. Ho sofferto molto, per ben 18 anni non ho potuto fare ritorno a Damasco perché mi hanno considerato disertore: in Italia studiavo al Politecnico e mandavo i certificati, ma da un certo punto in avanti non li hanno più accettati. Ho sempre vissuto con paura e preoccupazione per i miei cugini e i miei famigliari che sono rimasti in Siria. Qualcuno è dovuto andare via, altri sono rimasti, la situazione non era bella, c’era un terrorismo di Stato perenne. A Damasco ci sono stato un paio di anni fa, sempre con un po’ di timore. Bastava una mezza parola per finire male, ma volevo tornare nella mia terra prima di morire. Quando mi hanno visto a Damasco chi mi conosce si è messo le mani nei capelli perché sapeva quello che rischiavo, ma mi sono messo nelle mani di Dio».
Con il cambio di governo, Baroudi ha una speranza su tutte: «Spero non rubino la rivoluzione. È già successo in altri paesi purtroppo. La Siria è sempre stata un Paese di pace, da Damasco sono passati greci, bizantini, romani, assirobabilonesi, turchi, ittiti, mai un Paese è stato attaccato dalla Siria, il popolo siriano è sempre stato tollerante con tutti – chiosa Baroudi -. Vivevamo insieme alle altre culture e alle altre religioni, cristiani, ebrei. Poi tutto ciò è stato rotto dal potere. Spero che possano a tornare la pace e la tolleranza. Quando abbiamo saputo della cacciata di Assad abbiamo pianto tutti. Io? Tornerò presto in Siria, se Dio vuole».
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