Cuorieroi portano il Natale ai bambini malati negli ospedali
Una settimana importante per l’associazione Cuorieroi, che domenica 8 dicembre ha invitato i bambini ad una speciale festa di Natale, in cui sono stati raccolti i regali per i bambini meno fortunati. Nei giorni successivi le prime consegne dei regali alla pediatria dell’ospedale Del Ponte e all'oncologia del San Matteo di Pavia
Ancora una volta hanno fatto la differenza. Ancora una volta tanti bambini hanno potuto immergersi nella vera atmosfera del Natale grazie a un esercito di supereroi, capaci di sconfiggere – prima di tutto – egoismo, consumismo e superficialità.
Antonino Galici e il resto del gruppo di volontari di Cuorieroi – che percorrono tutta la regione portando allegria e buon umore fra le corsie degli ospedali – come da tradizione hanno dato vita ad una speciale festa di Natale. Un pomeriggio in cui è stato proposto qualcosa di diverso a tanti bambini che in queste settimane sono assorbiti da letterine, scherzi degli elfi e calendari dell’Avvento.
Domenica 8 dicembre, al Castello dei Missionari Comboniani, la richiesta è stata infatti quella di scegliere un modo rivoluzionario di festeggiare: non ricevendo regali e sorprese, ma donando agli altri. Tanti bambini, accompagnati da genitori, nonni e zii, infatti, hanno portato pacchetti luccicanti e li hanno consegnati a Babbo Natale e ai suoi elfi, prima o dopo aver scattato l’immancabile foto ricordo.
Cuorieroi, intanto, offriva animazione, con canti, balli e truccabimbi, facendo divertire grandi e piccini, regalando un pomeriggio all’insegna dell’inclusione, dove sedie a rotelle o limiti non contavano nulla: a fare la differenza era la voglia di stare insieme, ballando con le gambe, con le braccia o semplicemente con i sorrisi.
C’è stato spazio anche per ascoltare la bella canzone scritta dall’unidicenne Richy Pavin, che racconta del DSA e regala una lezione importante sull’accettazione di sé.
«Si può far tutto, basta volerlo» ha sorriso l’allegro Capitan America, presentando al giovanissimo musicista una ragazza affetta da DSA laureatasi recentemente con ottimi risultati.
La festa di Natale dei Cuorieroi ha così donato anche una riflessione importante ai tanti studenti presenti.
Alcuni bambini nella foto di rito con Babbo Natale, subito dopo aver consegnato i loro doni per i coetanei meno fortunati«Quello che cerchiamo di fare è trasmettere valori autentici: i piccolini arrivano alla nostra festa di Natale, ogni anno, consapevoli che i regali che ci consegnano andranno ad altri bambini meno fortunati, negli ospedali o nelle case famiglie. Grazie alla loro generosità, avremo la possibilità di regalare sorrisi negli ospedali di tutta la Regione, spedendo anche fuori dalla Lombardia alcuni doni».
Mentre parla, Galici indossa la sua armatura da Capitan America, ma la maschera non riesce a nascondere l’umanità che c’è in persone come lui, o come nella dolce Trilly – Laura Valmadre – che dietro le ciglia lunghe mostra occhi lucidi e si emoziona raccontando degli incontri in ospedale. Al loro fianco gli altri volontari, stretti in tutine arcobaleno, pronti a offrire un po’ di spensieratezza.
Alcuni di essi sono proprio bambini che, da malati, hanno ricevuto la visita in ospedale di Cuorieroi: una volta cresciuti, superata la malattia, hanno deciso di donare un po’ dei sorrisi che avevano ricevuto da piccoli.
La squadra di Cuorieroi è formata da persone come Antonino, Laura e tutti gli altri, che passano da una corsia all’altra, con una energia che spesso li fa sembrare davvero in possesso di poteri paranormali, ma in verità incontrano momenti difficili, ad esempio quando imparano a conoscere bambini che poi non ce la fanno a sopravvivere.
Con dolore, ma la forte consapevolezza di dover continuare a seminare amore, i Cuorieroi continuano la loro attività e infatti, in questi giorni, hanno già raggiunto l’ospedale varesino Del Ponte e il San Matteo di Pavia per la consegna del primo carico di regali.
«Spesso andiamo in ospedali o centri per disabili per portare gioia e notiamo la reazione dei genitori: mentre riprendono con i cellulari i loro figli intenti a ridere con noi, si commuovono, perché nei momenti con noi li vedono dimenticarsi della malattia o di diagnosi negative. E’ vedere queste emozioni che ci spinge ad andare avanti».
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