Il coraggio che rende liberi
Tre protagonisti, il piccolo Alberto, Stefano e la psicanalisi. Con “Non sai mai dove sei” Emilio Masina racconta una storia complessa attraverso sedici sedute e un epilogo intrecciate ad altri pezzi di vita
Sedici sedute e un epilogo intrecciate ad altri pezzi di vita. Tre protagonisti, il piccolo Alberto, Stefano e la psicanalisi. Con “Non sai mai dove sei” Emilio Masina racconta una storia complessa che va oltre le ragioni per cui il bambino era arrivato da un terapeuta.
“Chi sono io? La domanda che forse più di tutte agita l’essere umano assume in questo libro un connotato radicale, perché mira al cuore di ciò che chiamiamo “genere” e di una sua pretesa definizione. Il bambino travestito e lo psicoanalista al centro del romanzo danno vita a un dialogo che è come un viaggio nella cortina di dubbi e fantasie nascenti in chi, pur giovanissimo, sente il peso della sua sessualità e ne vive il dilemma. E nella stanza dell’analisi sarà proprio il professionista adulto a trovare, grazie al piccolo paziente, una nuova prospettiva sulle difficoltà e gli interrogativi incontrati nella vita, e l’unica risposta possibile che ci vuole tutti parte della stessa meravigliosa, dolente umanità”.
Masina conosce bene le dinamiche terapeutiche perché riguardano il suo lavoro di ogni giorno. Nel suo romanzo inserisce riflessioni, dubbi, domande su come agire nella professione. Alberto è rivelatore di un possibile percorso che Stefano, il giovane psicanalista protagonista può compiere. “Se volevo fare lo psicoterapeuta, non avrei mai più potuto rimanere freddo di fronte ai pazienti, guardarli come un entomologo che esamina gli insetti con la lente di ingrandimento per poi riporli sotto una teca di cristallo. Avrei dovuto, invece, mischiare le mie emozioni alle loro”.
Via via che Stefano conosce la storia di Alberto si rende conto che la propria professione ha tanti ingredienti e Masina svela la sua visione dell’analisi in diverse zone del libro.
“Le ipotesi dei colleghi più esperti erano da prendere come spunto di riflessione, non come oro colato. La cosa più sbagliata che si potesse fare nel mio mestiere era interpretare un sintomo e dimenticarsi della persona che lo esprimeva: un individuo unico e irripetibile sulla Terra”.
Mentre si sviluppa il percorso terapeutico Stefano è alle prese con la propria vita che è tutt’altro che risolta. È uscito di casa grazie all’energia di una madre che non accetta più un figlio incapace di vivere la propria autonomia. Fatica a vivere relazioni affettive e i legami amicali sono ridotti al minimo. Il cambiamento sembra spaventarlo. La gestione della casa lo inquieta ed è legato a una sua vecchia moto che lo mollerà in un momento importante. Masina usa bene le situazioni che simboleggiano le difficoltà di Stefano nel trovare una propria strada. L’incontro con Alberto è un’occasione per guardarsi dentro tanto quanto il bisogno di saper entrare nella storia del bambino per cercare una lettura del disagio del piccolo paziente.
Il romanzo diventa così un affresco di una professione che non ha mai certezze e anche di fronte alla “soluzione” di un caso vede vacillare tutto perché fuori, nella vita di ogni giorno, i pericoli sembrano sopraffare tutto. Invece è proprio grazie a quel paziente lavoro interiore che l’individuo può ritrovare un coraggio che non conosceva e affrontare la vita a viso aperto non solo per se stesso, ma per rendere un po’ migliore la società in cui viviamo.
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