Il governo Meloni e le classi sociali
Caro Direttore,
è con l’affermazione da più di un quarantennio del neoliberismo e della globalizzazione capitalistica che sul piano ideologico è stata veicolata la favola della scomparsa delle classi sociali e quindi della lotta di classe, quando la realtà materiale si contraddistingue semmai per una polarizzazione sociale sempre più acuta e drammaticamente brutale, sia rispetto alle condizioni di vita complessive delle classi popolari, che per l’arretramento salariale del lavoro dipendente ( – 2,9 % nell’ultimo trentennio a fronte della crescita registrata negli altri paesi industrializzati ).
Pertanto, non bisogna essere vetero comunisti o marxisti per leggere correttamente le dinamiche sociali che caratterizzano storicamente il nostro paese. Infatti, un contributo notevole in questa direzione lo fornisce il recente libro di Pier Giorgio Ardeni “ Le classi sociali in Italia oggi “ ; mentre al contempo il valente giornalista di Repubblica Riccardo Staglianò ha pubblicato un libro dall’indicativo titolo” Hanno vinto i ricchi “, che peraltro è sottotitolato “ Cronaca di una lotta di classe “, ovvero quella che le classi dominanti hanno perpetrato ai danni delle classi subalterne, grazie anche alla manifesta subalternità di una sinistra che voleva “ umanizzare “ la globalizzazione capitalistica.
In quanto allo sciopero effettuato venerdì 29 novembre da Cgil e Uil, è evidente che di fronte ad una manovra economica iniqua, recessiva e profondamente ingiusta come quella avanzata dal governo guidato da Giorgia Meloni , chi ha a cuore le sorti del paese e intende rappresentare gli interessi del mondo del lavoro e delle classi popolari nel loro insieme, non poteva non chiamare alla lotta e alla mobilitazione la sua base sociale. Soprattutto se si considera che mentre il 93 % dell’Irpef è pagato dai lavoratori dipendenti e dai pensionati, scandalosamente il governo Meloni favorisce elusori ed evasori fiscali con la reiterazione dei concordati fiscali, oltre a garantire lauti sconti fiscali al mondo delle partite Iva, già noto per il perverso meccanismo della sotto fatturazione. In questo contesto le frottole di Giorgia Meloni sul cambio di passo che con l’ implementazione delle sue politiche permetterebbe di far fuoriuscire il nostro paese da quel declino trentennale che il secondo volume del 2024 della rivista Limes “ Una certa idea di Italia “ ha ben descritto, sono pura propaganda per chi ignora o vuole ignorare scientemente lo stato comatoso del nostro capitalismo familiare.
Infine, se solo pensiamo che la spesa in ricerca e sviluppo del nostro paese è condannata ad un misero 1,47% del Pil ( con il 54,4% dei finanziamenti provenienti dal settore privato ), mentre nell’istruzione universitaria siamo scesi allo 0,90% rispetto allo 0,94% del 2012, l’ulteriore definanziamento dell’Università pubblica, che di fatto favorisce la truffa delle università telematiche e private, che guarda caso poi finanziano la formazione politica che più danni ha provocato all’Italia anche sul piano morale nell’ultimo trentennio, ovvero la Lega, possiamo comprendere la rabbia che sale in tutte le sue componenti anche dal mondo della scuola. Cordiali saluti
Gian Marco Martignoni
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