“Chiama Michele“: il pilastro del tribunale di Varese va in pensione, ma non troppo

Suonano i 67 anni per Michele di Tommaso, il mitico “ausiliario“ a palazzo di giustizia che racconta i suoi ricordi, dall’aula bunker degli anni ’90 ai sorrisi regalati. “Non ero mai stato più a Nord di Napoli. Invece…”

Generico 27 Jan 2025

Atrio del tribunale, caos, toghe e cravatte. Gente di fretta, tacchi che battono sotto alle bande rosse, valigette che si muovono. In mezzo, due facce sconosciute, alieni. Ma che lui a prima vista riconosce: «Allora, dove dovete andare? Siete testimoni?». I due rispondono, e risposta ricevono: «Primo piano, in cima alle scale, a sinistra».

Meno male che c’è “Miché“, al secolo Michele di Tommaso, 67 anni, ausiliario del tribunale che a fine mese però va in pensione. «Ma tu scrivi “ex commesso“, così di capisce». Una vita partita dal Sud, dalla Lucania.

«Il Nord? Per me era Napoli. Poi mio fratello mi dice: “Guarda che fanno il concorso”. E così sono arrivato». Era il 1985. Prima ausiliario alla Procura di Pavia. Poi a Varese, dal ’91. «Non c’ero mai stato, qui al Nord, qui a Varese. Adesso è casa mia».

Ed è proprio da qui, dai profondi anni Novanta, che sbucano fuori gli amarcord, quelli pesanti, quelli del maxi processo «Isola Felice», con le aule di tribunale ricavate, per via dei così tanti imputati e per le questioni di sicurezza, negli hangar dell’ex Aermacchi. L’aula bunker.

Generico 27 Jan 2025

«Io c’ero. Ci si alternava coi colleghi, uno andava in udienza, uno in cancelleria. Ricordo la cancelliera Mariella Ghiringhelli. Carabinieri dappertutto, scorte, fogli di viaggio. Il procuratore Armando Spataro». Un’epopea che ha segnato profondamente la storia della città, oggi raccontata come lontana nel tempo addirittura entrata nel novero dei documentari di Rai Storia (Diario Civile – Isola Felice) dove a parlare ovviamente, fra i testimoni di quel periodo c’è proprio Michele di Tommaso (nella foto sopra un “frame“ del video), che volentieri torna sull’argomento coi mille ricordi.

Insomma, chi è stato almeno una volta nella vita in tribunale, a Varese, quel sorriso di Miché, lo conosce. Con l’occhio dallo sguardo indagatore di chi volente o nolente impara chi ha di fronte da un battito di ciglia. Proprio come per i due tizi che mai avevano messo piede a palazzo di giustizia con le sue geometrie, i suoi ambienti dove ci si perde luogo misterioso, alla Dino Buzzati.

C’è da aprire una finestra al primo piano perché fa caldo? Arriva Michele.

Occorre un carabiniere in aula? «Chiama Michele».

Insomma, uno di quei personaggi insostituibili, organi, anzi organici, del palazzo. E che difatti non saranno oggetto di trapianto neppure dopo il fatidico venerdì, quando scatterà il gong della pensione: «Ho fatto domanda per continuare a fare il volontario, sto aspettando una risposta». Eh sì, tornerà Michele, tornerà come quanti si affezionano ad un luogo di lavoro, che diviene luogo di vita e che difficilmente verrà lasciato così, su due piedi, da un giorno all’altro.

L’APPROFONDIMENTO
Sul processo “Isola Felice“ è disponibile su Rai Play il documentario completo.
Così viene descritto nella presentazione:

Il 14 novembre del 1997 a Varese viene pronunciata la sentenza del maxi-processo “Isola Felice”. Al banco degli imputati siedono molti componenti di quelle che, secondo l’accusa, sono famiglie di ‘ndrangheta, l’organizzazione criminale più potente del mondo. Il tribunale è impenetrabile, l’intera città è blindata . I giudici si pronunciano nell’aula bunker collocata negli stabilimenti dell’ex fabbrica di aerei Aermacchi, luogo simbolo della città . E’ una sentenza storica dice il procuratore Armando Spataro, per la prima volta viene riconosciuta l’esistenza di un’associazione per delinquere di stampo mafioso ben radicata nel territorio della provincia di Varese che per circa 20 anni ha commesso una serie di gravissimi reati: omicidi, sequestri di persona, rapine ed estorsioni. Nel corso dell’indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, scattata il 14 gennaio 1994, sono state arrestate 87 persone, 62 in Lombardia, 6 in Piemonte, 12 in Calabria ed altri 54 provvedimenti sono stati notificati a detenuti. La potente organizzazione è ritenuta responsabile del sequestro e dell’omicidio nel 1974 di Emanuele Riboli, lo studente di 17 anni di Varese, per il cui riscatto la famiglia pagò 200 milioni e il cui corpo non fu mai ritrovato. Nel 1990 a Germignaga , un piccolo paese in provincia di Varese, la cosca si apprestava a rapire la giovane Antonella Dellea, ed è proprio da quell’azione, sventata dai carabinieri dopo un conflitto a fuoco nel quale morirono quattro banditi, che prendono l’avvio le indagini che portano al processo Isola felice. Sono state le rivelazioni di Antonio Zagari, figura di primo piano dell’organizzazione che hanno permesso di ricostruire l’intera struttura.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 28 Gennaio 2025
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