Gli 800 mila euro “spariti“ a Milano e la segretaria Varesina indagata

Parte offesa un grosso studio legale del capoluogo lombardo. Indagini della Finanza. Al vaglio la posizione della lavoratrice per la quale la Procura ha chiesto i domiciliari

soldi inflazione economia  pixabay

Oltre 800.000 euro spariti, svaniti nel nulla nell’arco di sei anni, dal 2018 al 2024. È quanto viene contestato alla dipendente varesina di un importante studio legale di Milano indagata per i reati di truffaautoriciclaggio, ed evasione fiscale.

L’inchiesta, coordinata dalla procura della Repubblica di Milano, è affidata alla Guardia di Finanza e intende far luce sul comportamento della dipendente, una donna assunta con mansioni in ambito amministrativo e di segreteria, che attraverso una serie di azioni fraudolente avrebbe fatto sparire l’ingente somma dai conti dello studio nel corso degli anni.

L’indagata è stata già sottoposta a una perquisizione domiciliare nella sua residenza di Varese dalla quale tuttavia non sarebbero emersi elementi utili per la ricostruzione dei fatti, nonché per il recupero delle somme oggetto di ammanco.

Invece di fronte al giudice per l’udienza preliminare di Milano il legale Oskar Canzoneri del foro di Varese ha assistito l’indagata nel corso del cosiddetto “contraddittorio preventivo”, cioè l’interrogatorio che viene effettuato dal giudice prima dell’emissione di una misura cautelare personale restrittiva, in questo caso l’applicazione degli arresti domiciliari.

Nuove regole introdotte dalla “riforma Nordio” che si applicano per alcuni tipi di reato, ma solo in presenza dell’ipotesi della pericolosità sociale, cioè che l’indagato possa reiterare il comportamento penalmente rilevante (è una delle tre esigenze cautelari. Le altre due, che consistono nel pericolo di fuga e nell’inquinamento probatorio, non prevedono questo tipo di meccanismo per il quale di fatto l’indagato viene avvisato del futuro arresto che per legge viene eseguito entro pochi giorni.

I reati contestati, come si accennava, sono la truffa pluriaggravata, ma anche l’autoriciclaggio imputabile a “chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa”.

Viene in ultimo contestata all’indagata anche la mancata segnalazione nelle proprie dichiarazioni dei redditi di altri importi (in questo caso sebbene di provenienza fraudolenta) che la donna avrebbe avuto nella sua disponibilità nell’arco di tempo considerato dall’Agenzia delle entrate. Un’evasione fiscale a tutti gli effetti, insomma. Sulla misura cautelare da applicare il giudice si è riservato, dovrà cioè valutare l’applicazione degli arresti domiciliari.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 13 Gennaio 2025
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