Il pragmatismo spazza via il politicamente corretto, ma il futuro ha bisogno di visione e valori
"Il mondo è di tutti, soprattutto di quelli che verranno dopo di noi: per questo dobbiamo lasciarlo un po’ meglio di come l’abbiamo trovato"
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Sono una persona cattiva? Uso un iPhone prodotto per Apple a Taiwan da Foxconn, azienda nota per pratiche di discriminazione e sfruttamento dei lavoratori. Compro quasi tutto su Amazon, l’impero creato da Jeff Bezos, che ha messo fuori mercato milioni di piccoli esercenti locali in tutto il mondo. Mi connetto a internet attraverso il sistema satellitare Starlink di Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo che usa il suo potere per influenzare le democrazie a suo favore.
Eppure, come potrei fare altrimenti? Viviamo in un mondo dove queste scelte individuali, apparentemente semplici e inevitabili, riflettono una più ampia convergenza con le scelte pragmatiche che vediamo nei governi e nelle aziende. La connessione internet, gli acquisti online e l’uso di strumenti tecnologici sono diventati parte integrante della nostra vita quotidiana. Allo stesso modo, aziende e governi sembrano abbracciare un approccio sempre più pragmatico, mettendo da parte gli ideali per concentrarsi su soluzioni pratiche e immediate.
Prendiamo esempi apparentemente non collegati tra di loro dell’ultima settimana, che in realtà sottolineano un cambiamento culturale radicale che sta trasformando il panorama globale di aziende, governi e politiche internazionali. Meta (Facebook, Instagram e Whatsapp) ha deciso di abbandonare completamente e immediatamente tutti i programmi sulla diversità, equità e inclusione (DEI), oltre ad avere dismesso la struttura interna che si occupava di controllare la verdicità dei post sui social network. Giorgia Meloni ha “difeso” la sua relazione privilegiata e crescente con Elon Musk, spostando l’attenzione sulle attività di finanziatore politico di George Soros, indicandolo come una minaccia maggiore per la democrazia e la trasparenza. JP Morgan, Citigroup, Bank of America, Morgan Stanley, Wells Fargo e Goldman Sachs, le più grandi banche americane, hanno annunciato di ritirarsi dal consorzio Net Zero Banking Alliance, che aveva l’obiettivo di aumentare gli investimenti sui settori e aziende a minor impatto ambientale.
Questi sono tutti sintomi di un fenomeno più ampio: il ritorno della “realpolitik”, un approccio pragmatico e nazionale agli affari globali.
In dettaglio, Meta ha eliminato iniziative che avevano permesso di aumentare la presenza di dipendenti neri e ispanici, e ha anche dismesso il suo programma di diversità dei fornitori, spostando il focus verso le piccole e medie imprese, citando il “cambiamento del panorama legale e politico”. Le grandi banche americane sono state motivate dalle pressioni di gruppi conservatori e dall’imminente insediamento di Donald Trump, noto per il suo approccio anti-ambientalista e le sue promesse di deregulation del settore energetico.
Anche i commenti di Giorgia Meloni su Soros e Musk si inseriscono in questo quadro di pragmatismo. George Soros, noto per il suo impegno a favore della “società aperta” attraverso la sua Open Society Foundation, è stato spesso bersaglio di teorie complottiste e critiche aspre da parte della destra sovranista. In contrasto, Elon Musk, con il suo potere economico e mediatico, è visto come un alleato strategico, nonostante le sue posizioni spesso controverse e polarizzanti.
Questi episodi rivelano quanto il pragmatismo stia ridefinendo le priorità aziendali e politiche, spesso a scapito degli ideali progressisti. Mentre gli Stati Uniti e l’Europa sembrano muoversi verso un approccio più pragmatico, la maggior parte del mondo non democratico non ha mai abbandonato la realpolitik.
La Cina ha aumentato i suoi investimenti in Africa e Sud America, finanziando infrastrutture strategiche e assicurandosi il controllo su materie prime essenziali come litio e cobalto. La Russia, dal canto suo, ha continuato a destabilizzare l’Occidente attraverso campagne di disinformazione e interventi militari in Ucraina, in Africa e Medio Oriente. Questi esempi sottolineano un mondo dove la competizione geopolitica è guidata da interessi materiali e non da ideali condivisi.
Le scelte pragmatiche non riguardano solo governi e aziende ma anche gli individui. L’adozione quotidiana di tecnologie come quelle offerte da Amazon, Apple e SpaceX è sintomatica di una società che privilegia la praticità rispetto ai principi astratti.
Tuttavia, è importante sottolineare che le nuove generazioni stanno sfidando questo status quo. Giovani più consapevoli dei cambiamenti climatici, delle disuguaglianze sociali e dell’importanza di una governance responsabile continuano a esercitare pressione su governi e aziende. I loro comportamenti di consumo stanno già trasformando interi settori: basti pensare alla crescente domanda di prodotti sostenibili e trasparenti, o alla diffusione di movimenti come il Fridays For Future.
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La vera sfida è trovare un equilibrio tra pragmatismo e idealismo, tra interesse nazionale e responsabilità globale, tra passato e futuro. In un mondo sempre più complesso, le aziende e i governi dovranno dimostrare che è possibile perseguire il proprio interesse senza tradire i principi fondamentali di equità e sostenibilità.
C’è chi è capace di pensarlo e realizzarlo, come la Loccioni di Angeli di Rosora, che conosco bene.
“Noi siamo un’impresa non un’azienda. Siamo una comunità che lavora con l’obiettivo di produrre ricchezza per tutti e non si tratta solo di ricchezza materiale. Certo, dobbiamo chiudere bene ogni nostro conto economico, ma anche quelli umani e ambientali. Tutti viviamo nella complessità. L’importante è non essere spettatori e basta. L’importante è essere attori. Riuscire a guardare un po’ più avanti, sempre cercando di mettere in sicurezza l’impresa. Guardare alla produzione per lo sviluppo integrale e non solo alla possibilità di avere finanziamenti. Cercare sempre di fare cose nuove: questo è un altro segreto italiano. E guardare agli altri. La nostra impresa è profondamente italiana perché accoglie, si apre, non si chiude. Guardiamo con fiducia agli altri. E sappiamo di essere di passaggio: il mondo non è nostro. Il mondo è di tutti, soprattutto di quelli che verranno dopo di noi: per questo dobbiamo lasciarlo un po’ meglio di come l’abbiamo trovato”, Enrico Loccioni.
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