Per i disordini alla Gls di Brunello gli imputati spiegano: “Volevamo solo rivendicare i nostri diritti”

In aula due testimoni. Udienza rinviata a giugno. Di fronte al Gup 19 persone per altri episodi contestati e il reato di “violenza privata”

giudiziaria

Ci sono difese e difese. C sono quelle fatte nelle aule di giustizia, con gli avvocati e le toghe. E difese che si fanno appena fuori dagli scranni con la giacca a vento corta per non avere intralcio mentre si guida il furgone per le consegne veloci, a tamburo battente.

È esattamente il quadro di quanto avvenuto nella mattinata di mercoledì quando una ventina abbondante di uomini vestiti da lavoro con tanto di pettorine rifrangenti per chi ha bisogno di essere visto quando scende dal furgone in tutta fretta si ritrovano imputati per «lesioni» e «blocco stradale» (24 imputati, per la precisione). Fatti che riguardano episodi del 2018, i “disordini alla Gls”, quando ai capannoni delle spedizioni del paesino di Brunello – zona industriale – arrivarono le macchine dei carabinieri, forze dell’ordine allertate per quella protesta sfociata, secondo l’accusa, nella violenza.

IL FATTO CONTESTATO
Quanto contestato vede una sola parte offesa, uno dei responsabili del polo logistico (che ha lamentato lesioni refertate in ospedale), che ha sporto denuncia contro i soggetti presenti in quel momento sul posto e identificati dai carabinieri e dalla Digos di Varese. I fatti finiti nel capo d’imputazione sono due episodi che risalgono all’autunno 2018. Nell’udienza di mercoledì sono stati sentiti un carabiniere e un corriere che doveva uscire dai capannoni per le consegne. Quest’ultimo non ha ricordato gli episodi che gli veniva chiesto di tratteggiare durante l’esame. Il militare in forza alla Stazione di Azzate, una carabiniera, ha invece assistito alle proteste ma non ricorda di aver visto la parte offesa, essendosi concentrata su quanto stava accadendo, con tafferugli e colluttazioni che sono proseguite per diverse decine di minuti fra due fazioni di lavoratori, chi cioè voleva scioperare, e chi voleva invece lavorare. Colluttazioni anche pesanti dove vi sono stati feriti e che sono state al centro di denunce incrociate ma che non riguardano il procedimento discusso oggi; i reati contestati sono «lesioni», «blocco stradale» e «manifestazione non autorizzata» (cioè la mancata comunicazione al questore, quest’ultimo capo di imputazione è prescritto, e a rischio sono pure gli altri due). Gli imputati sono difesi dagli avvocati Luca Carignola, Monica Andreetti, Jacopo Maioli e Marco Battistini.

Le parti civili sono 4: l’azienda Gls, i due responsabili dell’azienda che si occupa di gestire il polo spedizioni e l’imprenditore titolare di una ditta che opera in subappalto per parte dei trasporti (in giudizio rappresentati dai legali Roberto Aventi di Busto e Alfredo Zampogna di Milano).

L’ALTRO PROCESSO
In concomitanza col procedimento dinanzi al giudice monocratico, in pubblica udienza, sempre nella mattinata di oggi si è celebrata anche un’udienza in camera di consiglio (dunque a porte chiuse) di fronte al giudice per l’udienza preliminare dove sono comparsi 19 imputati, sempre lavoratori del settore spedizioni, ma questa volta per il reato di «violenza privata» per fatti analoghi che risalgono a marzo aprile 2018, quindi qualche mese prima di quelli contestati.

SCIOPERAVAMO PER RIVENDICARE I NOSTRI DIRITTI
Giacca a vento pesante, sorriso stampato e accento latino: proviene dalla Repubblica Dominicana e ci mette un secondo a intercettare l’interlocutore con cui attaccare bottone, tipico di chi è al contatto col pubblico, per strada, almeno 8 ore al giorno. «Sono figlio unico, incensurato, lavoro tante e tante ore al giorno con ogni condizione meteo, al caldo e al freddo, sempre di corsa, e ora mi devo vergognare perché sono finito in un’aula di giustizia per difendermi da accuse assurde», spiega; «ho paura di non riuscire ad ottenere la cittadinanza grazie a questo processo. Non ce l’ho ancora…».

Ad ascoltarlo altri colleghi, tutti stranieri, tutti sorridenti, educati, tenendosi però l’amaro in bocca. «Quella mattina noi volevamo solo esercitare il nostro diritto di sciopero per rivendicare migliori condizioni di lavoro. Siamo dipendenti di cooperative, non abbiamo un contratto a tempo indeterminato, ci tocca lavorare in modo duro e precario, senza garanzie per il futuro. Chiedevamo solo di migliorare la nostra condizione di lavoro, altro che manifestazione non autorizzata. Io dopo quelle mattine di disordini mi sono trovato ferito, con dei punti di sutura. E adesso sono qui come imputato. Bella roba».

L’udienza è aggiornata al 23 giugno, nel pomeriggio quando si ascolteranno i testi chiamati dalla parte civile e della difesa. Non è escluso che gli imputati di questo processo vogliano dire la loro. Questa volta però in aula, di fronte al giudice.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 15 Gennaio 2025
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