Processo Aspem Reti, il pm chiede 4 anni e 6 mesi per Ciro Calemme
Le richieste della Procura al termine della requisitoria. Parlano in aula le parti civili, oltre 300 mila euro di risarcimenti per il Comune di Varese “Danni morali e d'immagine"
Entra nella sua fase finale il processo Aspem Reti che vede imputate a vario titolo tre persone: l’amministratore unico di Aspem reti ai tempi dei fatti contestati Ciro Calemme, il titolare della ditta esecutrice dei lavori alla Schiranna di Varese e il direttore dei lavori (era in essere una ristrutturazione).
Dei capi di imputazione che contemplavano a vario titolo ipotesi di responsabilità delittuose per “abuso d’ufficio” “truffa“ e “turbativa libertà degli incanti” “falsità ideologica in atto pubblico”, due dei reati contestati nei capi “B“ e “D” (abuso d’ufficio e truffa) sono stati riqualificati nella contestazione in “peculato”.
LE RICHIESTE
Proprio per il peculato il pubblico ministero Lorenzo Dalla Palma ha chiesto oggi, giovedì 23 gennaio, la condanna a 4 anni e 6 mesi per Ciro Calemme e a 2 anni e 8 mesi per l’imprenditore che ha eseguito i lavori, Matteo Sciretta; il pm ha chiesto l’assoluzione per il responsabile dei lavori,Giacomo Battiston.
Il pubblico ministero ha chiesto l’assoluzione a vario titolo perché “il fatto non costituisce reato“, come pure il “non doversi procedere” per gli altri – e diversi – capi d’imputazione. Una dissertazione importante, quella del pm, anche sul piano giuridico, e che si è dovuta dipanare nella giungla dei recenti provvedimenti legislativi legati alla abrogazione dell’abuso d’ufficio e alle riqualificazioni, nel processo, dei reati contenuti nei capi d’imputazione (cioè le originarie contestazioni che venivano mosse agli imputati). In apertura di seduta il pm aveva annunciato la necessità di esporre diversi elementi a discarico degli imputati, come ha fatto poi nella rimanenza della requisitoria.
PARTI CIVILI
L’udienza è proseguita con le parti civili: Aspem reti ha chiesto (avvocato Carlo Tremolada) il risarcimento del danno in termini di provvisionali per complessivi 65.000 euro. Il Comune di Varese rappresentato dall’avvocato Marco Lacchin (che ha proposto una ricostruzione dei fatti puntigliosa e piuttosto approfondita, soffermandosi sulle relazioni fra l’amministratore della società e il costruttore che facevano parte della medesima parte politica), chiede nel complesso 300 mila euro di risarcimento per danni morali e di immagine patiti, a detta del legale, dall’amministrazione: «Per fatti contestati finiti in un processo che ha avuto un ampio impatto mediatico».
IL PROCESSO, AFFARI E POLITICA
Un processo intenso sul piano della ricerca della verità in merito alle contestazioni – con escussioni tecniche su qualità e quantità dei lavori – e dove l’imputato più in vista, Ciro Calemme, ha diffusamente parlato in aula controbattendo punto punto le contestazioni dell’accusa. Ma anche un procedimento dove il piatto forte è stato caratterizzato dalla politica e dalle relazioni fra essa e il potere economico, e dove hanno parlato in aula il presidente della regione Attilio Fontana (ex sindaco di Varese), ma anche il dominus indiscusso di Forza Italia e componente dell’associazione politica Agorà, Nino Caianiello, che proprio su queste relazioni venne diffusamente interrogato. Ora il processo vedrà le conclusioni delle altre parti, l difese, che parleranno in aula a febbraio per un’udienza che si preannuncia decisiva; la sentenza ai primi di marzo.
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