Varesini all'estero

Romeo tra i canestri della California, dove Jaylen Hands è un mito

Romeo Farfaglia, 20enne di Cassano Magnago, gioca e studia a Los Angeles. "I miei amici stravedono per Jaylen e ora tifano Varese. E Dom Johnson ricorda con piacere la nostra città"

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La pallacanestro, per un ragazzo cresciuto in provincia di Varese e amante di questo sport, è un vero e proprio “passaporto aggiuntivo”. Romeo Farfaglia, 20 anni da Cassano Magnago, è partito la scorsa estate per inseguire il suo sogno americano, collegato proprio a una palla a spicchi.

È volato in California, chiamato da un piccolo college che gli permette di studiare e di far parte del “programma” sportivo che contraddistingue il sistema universitario americano. Dopo essersi allenato tra i paesaggi mozzafiato intorno a Los Angeles, Romeo ha vissuto un paio di situazioni sorprendenti, legate alla “nostra” Varese. L’incontro con un ex giocatore biancorosso, Dominique Johnson, con cui ha stretto amicizia e la scoperta di come l’attuale guardia della Openjobmetis, Jaylen Hands, da quelle parti sia un autentico mito del college basket. Tanto da aver “convertito” alla fede biancorossa gli amici americani.

Ecco il suo racconto:

Giugno 2024: dopo qualche mese di promozione nella rete dei college, qualche colloquio e visione dei miei video con coach ed assistenti, non mi è ancora arrivata nessuna offerta importante da parte di qualche scuola negli States che mi desse anche l’opportunità di giocare a basket. Mi consolo quindi andando al Palazzetto di Masnago con mio papà per rinnovare i nostri abbonamenti per la Pallacanestro Varese.

Poche ore dopo essere tornati a casa, contenti e impazienti di vedere la nuova squadra,
ricevo una “proposta che non posso rifiutare” da parte di un piccolo college a Los Angeles (Nobel University) al suo primo anno con un programma sportivo, con un calendario ambizioso! Il 14 agosto parto per il mio sogno americano, indossando la t-shirt di uno dei miei giocatori preferiti, Kristjan Kangur.

Fin da subito mi devo adattare alla vita e al gioco statunitense; i primi allenamenti si svolgono in luoghi incredibili fino a quel momento sfondo di serie tv o canzoni: sulle spiagge californiane di Newport Beach e Huntington Beach lavoriamo estremamente sul fisico con pushup fino allo sfinimento, corsa nell’oceano e “carriole” infinite cadendo rigorosamente con la faccia nella sabbia perché le braccia cedono per lo sforzo… Ma è questo il sogno californiano!? Le colline che circondano L.A. sono la mia palestre nelle prime settimane dove scopro un ritmo di corsa allucinante. Le location sono mozzafiato e le sedute di conditioning son0 durissimi.

Quando iniziamo gli allenamenti in campo, capisco il motivo di questi esercizi massacranti: si gioca a ritmi elevatissimi con una fisicità ed un agonismo che non avevo mai visto. Anche la mentalità nell’approcciarsi allo “scontro” ha dell’incredibile: gli americani, appena hanno l’occasione, cercano la giocata umiliante per l’avversario: una schiacciata o uno step back che metta a sedere il difensore, per mostrare una sorta di superiorità atletica. Anche il trash talking è onnipresente non solo in partita, ma anche in allenamento: non la “toccano piano” mai.

 Una delle foto ufficiali di Nobel University

E poi, il gioco statunitense – i miei coach non ne sono esenti – è attentissimo agli analytics, la stessa sensibilità che sta sposando la mia Varese: un vero e proprio accanimento per le statistiche. Lo staff tecnico della mia università ne è ossessionato: plus/minus, percentuale di tiro, rimbalzi, kpi di difesa e di attacco, dati interpolati che descrivono, a volte, partite che mi sembra di non aver giocato….
Essendo alla mia prima esperienza negli States ed essendo un freshman (universitario al primo anno ndr), alterno le convocazioni con il team di sviluppo a quelle nel roster principale. 

In una di queste partite contro Azusa Pacific University, durante il riscaldamento, si avvicina il coach avversario che si presenta anche se non ne aveva alcun bisogno: è l’ex biancorosso Dominique Johnson! Mi dice che ha visto sul referto che vengo da Varese e mi racconta che ha un bellissimo ricordo della città, delle persone e della tifoseria. Finita la partita mi lascia il suo numero di telefono e ci facciamo una foto, che manderà poi a coach Attilio Caja, con cui è ancora in buonissimi rapporti.

 Romeo con Dominique Johnson

Tuttora ci sentiamo e mi dispensa importanti consigli sul gioco e su come affrontare le partite, soprattutto da un punto di vista mentale. Ci siamo anche sentiti prima e dopo il mio esordio con la prima squadra contro una squadra di NCAA division 2.
Dopo avergli raccontato che mi ricordo dei suoi 30 punti contro Brescia e che avevo il suo poster sopra il letto nella mia vecchia cameretta, mi propone un allenamento insieme a lui focalizzato sul tiro: non vedo l’ora e sto contando i giorni sul calendario.

Ovviamente non mi perdo una partita di Serie A e di Eurolega (quando il fuso orario lo permette) oltre che di NBA. Recentemente, guardando alla tv la partita di Varese contro Napoli, a dir poco importante per noi varesini, dopo l’ennesima giocata spettacolare il telecronista urla «Jaylen Hands!!!». Appena sentito questo nome tutti e quattro i miei coinquilini sbucano dalle camere e stupiti mi chiedono costa stessi guardando. Racconto che Hands gioca nella squadra della mia città e che è uno dei nostri leader offensivi. Sono un po’ stupito: non solo lo conoscono, ma ne parlano in maniera mistica! Mi raccontano che era un super prospetto ai tempi dell’high school e che addirittura le partite della sua squadra dovevano essere giocate nella palestra più grande per la quantità di persone che Jaylen richiamava sugli spalti.

A UCLA (University of California, Los Angeles, una delle più famose per il basket college americano ndr), era uno dei migliori giocatore della nazione, tanto da ricevere il soprannome di “Baby Westbrook”, un riferimento all’ex MVP della NBA e leggenda proprio di UCLA. Oggi quindi, nonostante la distanza, Varese viene supportata ogni fine settimana dal sottoscritto e dai miei roommates, che ormai tifano Openjobmetis grazie ai video del nostro palazzetto infuocato dopo le vittorie contro Milano e Bologna.
Speriamo quindi che la serie positiva dei biancorossi si allunghi perché, a volte, quando il sogno californiano è in salita, mi sento più a casa pensando alla Pallacanestro Varese e alla sua gente in festa.


In un recente articolo abbiamo scritto di come siano oltre 70mila i varesini che si sono trasferiti all’estero. Proprio come con Sofia ci piacerebbe raccontare, per quanto possibile, chi siano, di cosa si occupano e dove si trovano là fuori nel mondo. Se vivete all’estero e vi piacerebbe mettervi in contatto con noi potete compilare questo modulo, vi contatteremo al più presto. Abbiamo anche aperto un gruppo Facebook per tenerci in contatto, lo trovate qui.

Damiano Franzetti
damiano.franzetti@varesenews.it

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Pubblicato il 17 Gennaio 2025
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