Stalking alla famiglia Limido-Criscuolo: Marco Manfrinati in aula a Varese
L’imputato a differenza della precedente udienza (in video conferenza dal Carcere di Busto Arsizio) si è seduto di fianco al difensore: “Non vogliamo essere ripresi”
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Alle 9:44 di oggi mercoledì 29 gennaio, Marco Manfrinati, 41 anni, in carcere per omicidio pluriaggravato del suocero e tentato omicidio della moglie, è uscito dalla gabbia senza manette e si è seduto di fianco al difensore Fabrizio Busignani. Manfrinati è anche imputato per “atti persecutori” nei confronti della famiglia Limido-Criscuolo.
Per questo, nell’udienza di mercoledì sono stati ascoltati i testi del pubblico ministero: in aula hanno deposto gli agenti della squadra Mobile di Varese che intervennero in uno dei servizi di soccorso richiesti dalla famiglia fuori dalla casa di via Albani, in zona ippodromo, a Varese.
In quell’occasione, il 112 venne attivato per la rottura di pezzi di plexiglass in una pertinenza della casa delle parti offese. Capelli corti, sguardo basso e in totale silenzio, Manfrinati ha ascoltato la prima escussione del teste. In apertura di seduta, il difensore dell’imputato ha ribadito il mancato consenso a riprese video e fotografiche per sé e per il suo assistito.
Nel corso dell’udienza l’imputato, rispondendo alle domande del pubblico ministero Claudia Maria Contini che lo interrogava circa le relazioni con la ex moglie e con la famiglia Limido-Criscuolo, ha affermato che il figlio venne “rapito da mia moglie e dai sua madre in combutta coi loro legali”, e “ben due volte, da luglio a settembre 2022 e da dicembre a gennaio 2023” . Un concetto ripetuto più volte a cui si è aggiunta sempre da parte di Manfrinati l’accusa rivolta alla famiglia Limido-Criscuolo di aver manovrato per sottrarre il figlio della coppia. Oltre alle offese pronunciate contro i legali della parte civile Manfrinati ha descritto i suoceri come “esseri inferiori coi quali non volevo avere alcun tipo di interlocuzione”.
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