Voto palese per la mozione di sfiducia all’assessore, il sindaco di Busto Arsizio chiede una modifica al regolamento
La mossa di Antonelli per evitare trappole da parte della sua maggioranza. La replica del Pd: "Di chi ha paura?"
Il timore di una mozione di sfiducia nei confronti dell’assessore alla Sicurezza e al Commercio Matteo Sabba ha spinto il sindaco Emanuele Antonelli a presentare una modifica al regolamento del Consiglio Comunale di Busto Arsizio in favore del voto palese in caso di mozioni di sfiducia nei confronti degli assessori.
Nel prossimo consiglio comunale verrà posta in votazione una delibera in cui si chiede al Consiglio Comunale di Busto Arsizio di approvare una modifica al Regolamento per il Funzionamento del Consiglio Comunale. La delibera prevede che le votazioni relative alle mozioni di sfiducia nei confronti del Presidente del Consiglio e degli Assessori avvengano con appello nominale, in luogo dello scrutinio segreto precedentemente adottato. Tale modifica riguarda gli articoli 4 e 9 del regolamento comunale.
L’iniziativa, che il sindaco fa discendere dalla volontà di garantire maggiore trasparenza, viene presentata con un timing che cozza con la necessità di aumentare il livello di trasparenza e più si addice ad un calcolo politico che ha il fine di mettere a nudo i possibili franchi tiratori all’interno della propria maggioranza.
Al momento, tra l’altro, non è all’ordine del giorno un voto di sfiducia nei confronti di Sabba poichè l’opposizione non è riuscita a raggiungere il numero necessario di firme ad un’eventuale mozione in tal senso in quanto manca la firma del consigliere del Gruppo Misto Emanuele Fiore. Il prossimo 16 gennaio, infatti, si voterà solo una mozione di censura per la nota vicenda dell’incompatibilità non dichiarata quando era consigliere comunale.
Il capogruppo del Pd Maurizio Maggioni commenta così questa scelta del sindaco, mettendo in luce la sua mancanza di fiducia nei confronti dei consiglieri di maggioranza: «Non considerando le valutazioni giuridiche, che comunque avremo modo di approfondire, vale una considerazione che caratterizza l’importante storico dibattito sulla scelta di ricorrere al voto palese o al voto segreto nelle assemblee democratiche. Attribuibile ad un filosofo intervenuto agli albori della nascita dei sistemi democratici afferma che quando un popolo è buono e tutti i cittadini sono rispettosi delle regole, “ il voto deve essere dichiarato ad alta voce” . Ma quando il popolo vede cittadini malvagi e cittadini che non rispettano le regole, il voto deve essere segreto per tutelare coloro che, buoni, vogliono cambiare».
Di questo filosofo Maggioni non svela l’identità: «Dico solo che non era liberale, essendo i filosofi e giuristi liberali ben più favorevoli al voto segreto; non cito il nome perchè lo lascio alla ricerca di chi pretende quasi in ogni seduta di pontificare giudizi di inadeguatezza ai consiglieri di minoranza, dimostrando peraltro una evidente improvvisazione su argomenti la cui delicatezza meriterebbe un organica analisi giuridica e politica».
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Non ho trovato in rete chi sia Il filosofo innominato di Maggioni.