“Questo è il mio giuramento”, e si incide sul braccio il nome del capo

L’uomo a processo per minacce. Alla base dei fatti, un bisticcio per alcune opere in muratura: “Allora non venire più". Ma il muratore non ci sta: messaggi vocali e quella foto via whatsapp. Il legale: “Inquietante”

Generico 24 Feb 2025

Lavori per la ristrutturazione di una casa, soldi che entrano ed escono per opere di muratura che necessitano di maestranze esperte che si muovono nei paesi della Valcuvia. Perché è qui che nasce questa storia, che arriva nelle aule di giustizia e presto finirà con la decisione di un giudice, a Varese. Apparentemente un processo per minacce. Nei fatti, se dimostrati, un comportamento da film di Quentin Tarantino: quel muratore a cui era stato negato il lavoro dal suo “capo” che, per ripicca, si incide il nome di quest’ultimo sul braccio. Scatta una foto e gliela invia. Poi un messaggio inequivocabile: «Questo è il mio giuramento».

L’uomo, classe 1981, di origini straniere e residente in un paesino della Valcuvia diverso da quello dove i lavori di ristrutturazione erano in corso, finisce a processo imputato per minacce. Il datore di lavoro è in giudizio assistito dall’avvocato Rosario Musolino. I fatti avvengono, secondo l’accusa, nel gennaio del 2022.

Ma di quale minaccia parlava l’imputato? Come accennato, tre anni fa c’era in ballo la ristrutturazione di un immobile ad Azzio, di proprietà della parte offesa che, da quanto ipotizzato dal legale, avrebbe avuto un dissidio col muratore, chiedendogli di non occuparsi più dei lavori di sistemazione della casa. Di fatto, l’interruzione del rapporto di lavoro, almeno per quell’opera in corso, e che, tradotto, stava a significare la mancanza di entrate da parte del manovale, che però non accetta la decisione.

E qui comincerebbero le minacce: l’uomo promette che la casa non verrà finita, giurando sui suoi figli. Eccolo, il giuramento: «Quella casa brucerà, te lo giuro sulla tomba di mio figlio». Parole, avrà pensato il destinatario di quei messaggi su WhatsApp. Ma a cui è seguita quella foto «splatter», inquietante, inviata sempre attraverso WhatsApp, che ritraeva una serie di tagli praticati con una lama sul braccio del mittente dei messaggi, incisioni che formavano il nome del destinatario.

L’uomo ha quindi deciso di denunciare. Fatto «inquietante», ha commentato il difensore della parte offesa. Fra poche settimane l’esito del processo.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 27 Febbraio 2025
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