“Accessibilità del Malpensa Express: perché stiamo tornando indietro?”
Angela Gambirasio, pendolare di lungo corso sul treno per Milano, segnala la minore accessibilità dei nuovi convogli introdotti sul servizio aeroportuale

Gentile Redazione di VareseNews,
mi chiamo Angela Gambirasio e vi scrivo per denunciare l’ennesimo, assurdo passo indietro in tema di accessibilità nei trasporti pubblici, che sta complicando la mia vita e quella di tante altre persone con disabilità.
Io prendo il treno ogni giorno per andare a lavorare e, fino a ieri, il Malpensa Express era l’unico treno che potevo prendere in totale autonomia. Ora, con i nuovissimi convogli, questo non è più possibile.
I nuovi Malpensa Express, invece di migliorare l’accessibilità, hanno peggiorato le cose, aumentando il gap tra treno e banchina e rendendo di nuovo necessaria la pedana. Questo significa che ora dipendo dal capotreno per salire e scendere, con tutte le incognite che ne derivano: pedane che non funzionano, personale che non arriva, richieste di aspettare il treno successivo perché “forse lì andrà meglio”. La mia indipendenza, che avevo finalmente conquistato almeno in stazione, è stata cancellata con un progetto che avrebbe dovuto rappresentare un progresso.
Come se non bastasse, ora mi ritrovo ogni giorno a dover perdere tempo anche con la registrazione della mia targa per disabili per poter accedere all’Area 10 Minuti di Malpensa. Prima era sufficiente registrarla una volta ad ogni rinnovo cartellino disabili. Ora sono obbligata a rifarlo ogni singolo giorno. Come se, in quanto disabile, avessi tempo da perdere con una burocrazia inutile per un diritto che già possiedo. Mi domando: chi ha deciso questa brillante innovazione? Davvero qualcuno ha pensato che fosse una soluzione sensata? Il Comune di Milano registra le targhe dei veicoli per disabili anche non residenti, ma che lavorano lì. Tutto online: una registrazione ogni 4 anni, ovvero da rifare solo quando si rinnova il contrassegno disabili. Per sostare nell’area 10 minuti di Malpensa il tempo necessario a mio marito di caricarmi su un treno (sperando non sia in ritardo o che, da oggi, la pedana finzioni), devo registrare ogni giorno il mio veicolo online.
La vera questione è: perché l’accessibilità viene sempre trattata come un dettaglio secondario? Perché devo chiedere il permesso ogni giorno per lavorare, per muovermi, per avere accesso a un servizio che dovrebbe essere garantito? Possibile che nel 2025 siamo ancora qui a doverci battere per non tornare indietro?
Chiedo risposte e soluzioni da parte di chi di dovere: Trenord e la società di gestione di Malpensa (SEA). Qualcuno può spiegare pubblicamente perché sono state prese decisioni che complicano la vita alle persone con disabilità invece di migliorarla? Perché le persone con disabilità devono sempre essere le ultime a cui pensare nel progettare i servizi?
Ho iniziato a lottare per i miei diritti con la maggiore età. Prima lo facevano per me, i miei genitori. Compirò 50 anni a giugno e se guardo cosa abbiamo ottenuto, mi sembra di cercare da anni di svuotare il mare con un cucchiaino da caffè. Una volta mi arrabbiavo e in qualche modo la rabbia mi dava la forza per denunciare, cambiare il mondo per me e per gli altri. Stamattina, davanti all’ennesimo passo indietro, ho pensato che sono troppo stanca, che chiederò il telelavoro 5 giorni su 5, anche se ciò significherà non fare più la psicologa. Per anni ho aiutato gli studenti del mio ateneo a credere in sé stessi, a vincere l’ansia, a non rinunciare nonostante non sia affatto semplice, a lottare per quello in cui credono e non farsi condizionare dalla società. Amo questo lavoro, ma la verità è che con me la società sta vincendo. La società che preferisce che i disabili stiano a casa propria, perché altrove sono scomodi e costringono ad abbattere le barriere, a costruire e pensare inclusivamente.
Distinti saluti,
Angela Gambirasio
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