Grand Hotel Campo dei Fiori, il professore svizzero dei luoghi fantasma entra nel gigante addormentato
Peter Faesi, esperto di luoghi dimenticati e docente universitario in pensione di San Gallo ha visitato il leggendario edificio costruito dal Sommaruga. “Dopo due anni di tentativi, avere finalmente l’opportunità di esplorare questa struttura è stato incredibile. Ogni stanza racconta una storia e si respira ancora l’atmosfera dell’epoca in cui l’hotel era un simbolo di lusso"

È il professore dei luoghi dimenticati, lost places li chiama, Peter Faesi, docente a riposo di storia e di letteratura alla Scuola Universitaria Professionale di San Gallo (FHS) in Svizzera. Esploratore per diletto, e cronista delle sue avventure culturali per il giornale in lingua tedesca Tessiner Zeitung, è dotato di innata curiosità e un pizzico di coraggio che lo fa arrivare nei posti più desolati e malinconici. Lo avevamo incontrato anni fa al villaggio perduto del Touring club di Boarezzo o nel corso di sortite sempre in Italia e in provincia di Varese sulle fortificazioni della Linea Cadorna (che ha concorso a rendere fruibili e a farne conoscere la storia).
E ora è toccata al Grand Hotel Campo dei Fiori, che maestoso e imponente si erge sopra Varese, testimone di un’epoca dorata ormai svanita. Costruito tra il 1908 e il 1912 dall’architetto Giuseppe Sommaruga, il suo stile Liberty e il lusso decadente lo resero una destinazione esclusiva, fino alla chiusura nel 1968. Oggi, il fascino di questo luogo dimenticato attira studiosi e appassionati. Tra questi, il professor Peter Faesi, che ha finalmente potuto esplorare il leggendario hotel dopo anni di tentativi. Racconta i misteri di questa struttura.
Professore, cosa ha provato quando è riuscito finalmente a varcare la soglia del Grand Hotel Campo dei Fiori?
«È stato un momento emozionante. Dopo due anni di tentativi, avere finalmente l’opportunità di esplorare questa struttura è stato incredibile. Ogni stanza racconta una storia e si respira ancora l’atmosfera dell’epoca in cui l’hotel era un simbolo di lusso. Abbiamo faticato non poco per riuscire a farci aprire le porte di questo gioiello. Anche il meteo e le condizioni stradali hanno ritardato il nostro accesso, ma alla fine, grazie al direttore Marco De Marco, siamo riusciti ad entrare. Così, all’inizio di marzo, ce l’abbiamo fatta. Grazie al custode Sasanaka Siriwardena – non si può immaginare una guida più esperta – ci sono stati mostrati atrio, ingresso, le aree di servizio, le sale da ballo e alcune delle 125 camere».
In quale stato ha trovato l’interno dell’edificio?
«Sorprendentemente ben conservato. L’atrio, le sale da ballo e le camere sono ancora intatte, anche se il tempo ha lasciato il segno. Abbiamo visitato anche le aree di servizio e ci siamo imbattuti in alcuni resti delle riprese cinematografiche di Suspiria».

A proposito di Suspiria, come è stato ripercorrere il set del film?
«Decisamente inquietante. L’atrio, la sala da ballo e persino la grotta delle streghe sono ancora lì, quasi come se la magia del cinema non si fosse mai dissolta. Abbiamo trovato persino casse piene di capelli utilizzati per le attrici! È affascinante pensare che un film horror di fama internazionale sia stato girato proprio qui».
Oltre all’hotel, ci sono altri luoghi abbandonati nella zona che l’hanno colpita?
«Sì, nelle vicinanze ci sono il vecchio ristorante con il suo magnifico edificio circolare, la stazione di montagna della funivia ormai in disuso e la Colonia Siro Magnaghi, di epoca fascista. Un intero angolo di storia dimenticata».

Qual è, secondo lei, il futuro del Grand Hotel Campo dei Fiori?
«È difficile dirlo. Il potenziale turistico è enorme, ma i costi di restauro sarebbero altissimi. Finché non si troverà un progetto concreto, continuerà ad affascinare esploratori e studiosi come me».
Il Grand Hotel Campo dei Fiori rimane un gioiello decadente, avvolto dal mistero e dal fascino del passato. La visita del professor Faesi ha permesso di gettare nuova luce su un gigante addormentato che continua a raccontare storie.
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