Il fascino della Patagonia raccontata da Matteo Della Bordella incanta il pubblico di Materia
Serata d'eccezione dedicata all'alpinismo nella sede di VareseNews. Ospite il grande scalatore varesino da poco tornato dal Sud dell'Argentina dove ha condotto una spedizione con "l'Eagle Team" del Cai

È una foto di vetta ad aprire la serata che Materia – lo spazio libero di VareseNews – ha dedicato alla montagna e a un ospite d’eccezione, Matteo Della Bordella, il grande alpinista varesino capace di riempire la sala con le sue parole e le sue imprese patagoniche e le sue esplorazioni artiche.
Una foto scattata al buio (alle 3 di notte) e al freddo subito dopo avere messo piede sulla cima del Cerro Piergiorgio, una delle mete raggiunte da Della Bordella nei mesi scorsi quando ha guidato una spedizione speciale. Il progetto “Eagle Team” del CAI dedicato ai giovani alpinisti di cui il 40enne “ragno” varesino è stato leader e istruttore. Il primo argomento toccato nell’incontro condotto da Marco Giovannelli, direttore di VareseNews.
«Sono stato in Patagonia 14 volte nella mia vita, due anni totali di vita trascorsi in un luogo magico che era adatto a dare una esperienza forte di montagna e di vita per i giovani dell’Eagle Team» ha sottolineato Matteo, che sul Piergiorgio è salito con Dario Eynard e Mirco Grasso.
Ma la Patagonia è servita anche per ricordare le figure di due amici, Matteo Bernasconi e Matteo Pasquetto, scomparsi nel 2020 prima di completare quella via pensata e sognata insieme a Della Bordella. «Dopo il primo tentativo pensavo che sarei ritornato con loro per completare la via e invece ci sono state, in pochi mesi, due tragedie nelle quali loro sono scomparsi. In quei momenti bui è difficile ripartire, non ci sono parole per spiegare quanto sia tremendo. Ma io sapevo che avrei continuato a scalare, perché lo avevo già fatto quando morì in montagna mio papà. Sapevo che avrei portato a termine questa via, che abbiamo chiamato Brothers in Arms, perché era il sogno nato insieme a loro. E devo ringraziare gli altri due amici che sono stati la chiave di volta del progetto, Matteo De Zaiacomo e David Bacci. Senza di loro non sarei andato lontano e dietro la linea rossa disegnata sulla fotografia del Torre c’è tutto l’impegno, la passione, il cuore per quello che si fa».
Della Bordella – che ha pubblicato nei mesi scorsi il suo secondo libro, “La vetta della vita” – ha parlato anche della necessità di abbinare la vita privata – è padre di due bambini piccoli – all’alpinismo con i rischi che questo comporta. «Impossibile negare i rischi dell’attività che faccio, ma ci sono anche consapevolezza e accettazione. Quello che tu puoi controllare lo devi controllare fino all’ultimo dettaglio, senza trascurare nulla. Se hai fatto questa preparazione poi ti senti pronto ad affrontare la montagna sapendo che resta una parte che non dipende da te. E poi per decidere cosa fare, riguardo alla famiglia, mi aiutano gli esempi di grandi alpinisti che sono nella mia stessa condizione come Thomas Huber con cui ho scalato e fatto tanto altro. Ha tre figli, mi ha guidato anche nella scelta degli obiettivi».
L’alpinista varesino ha quindi risposto a una serie di domande da parte del pubblico che ha riempito la sala centrale di Materia, regalando una cornice eccezionale all’incontro. E ha preannunciato i prossimi impegni locali a Castellanza, alla Liuc, e al cinema “Nuovo” di Varese dove il 7 aprile sarà proiettato il film “Odyssea Borealis” dedicato alla spedizione in Groenlandia del 2024. Un’altra impresa eccezionale che Matteo, con la sua parlata tranquilla e precisa, rende quasi normale.
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