La musica, i libri e il sogno di una generazione. A Materia un viaggio negli anni Settanta
Le note di "Ma chi ha detto che non c'è" di Gianfranco Manfredi risuonano a Sant'Alessandro di Castronno, accompagnando la riflessione su utopie, scelte e memoria attraverso i romanzi di Gianni Gandini, Massimo Battisaldo e Paolo Margini

“Ma chi ha detto che non c’è” è il titolo di una canzone del 1976 scritta e cantata da Gianfranco Manfredi. Il manifesto di una generazione e di una stagione di rivolta sociale e politica. Le note di quella canzone hanno risuonato nello spazio libero di Materia a Sant’Alessandro di Castronno grazie al sax di Mauro Cassinari, alle tastiere di Gianni Gandini e al contrabbasso di Emiliano Renzelli.
La serata è stata un viaggio negli anni Settanta rivissuto attraverso due romanzi: “Presto occuperemo il Paradiso” (Giacovelli Editore) di Gianni Gandini e “Decennio rosso” (Rave up Books) scritto a quattro mani da Massimo Battisaldo e Paolo Margini.
Nel testo della canzone di Manfredi c’è una frase che, secondo Roberta Barbatelli, conduttrice dell’incontro, sintetizza bene l’utopia di quegli anni: “Sta nel sogno realizzato“. Nel 1976 un altro cantautore, Claudio Lolli, in “Ho visto anche degli zingari felici” diceva che i poeti fanno paura perché con coraggio “aprono sempre la loro finestra, anche se noi diciamo che è una finestra sbagliata”.
Cercare il senso in una storia personale oscilla quasi sempre tra il sogno e l’apertura di una finestra, a volte giusta a volte sbagliata, per realizzarlo. Per gli ex ragazzi rivoluzionari degli anni Settanta è andata così.
Nella sua introduzione alla serata, Roberta Barbatelli ha spiegato quanto è importante la crescita di una persona nel cambiamento dell’approccio cognitivo che ha sia con la realtà sia nelle relazioni. E se è vero che «essere giovani e non essere rivoluzionari è una contraddizione biologica» è altrettanto vero che il cambiamento innescato dalla crescita costringe in qualche modo a trovare una collocazione nella società, seguendo quella che i filosofi tedeschi chiamano weltanschauung, ovvero la visione che abbiamo del mondo.
«Le nostre cognizioni emotive, relazionali e sociali implicano scelte. E i processi decisionali non sono mai banali – ha sottolineato Barbatelli -. Ho identificato almeno tre modi di scegliere: fare scelte di continuità, cioè ci adattiamo. Rimandare, cioè qualcuno deciderà per noi, e fare scelte dí rottura fragorose e forti, a volte poco consapevoli, impavide e a volte irriducibili. Questi due romanzi trattano vicende di crescita dei giovani negli anni Settanta e delle loro scelte».

In quegli anni l’immaginario collettivo si nutriva di canzoni, volantini, slogan e scritte che tappezzavano i muri di ogni città: “Presto occuperemo il Paradiso” era una di quelle. In quel periodo radio e musica hanno giocato un ruolo fondamentale perché, divulgando in un modo accessibile le idee, generavano una spinta alla creatività. «Nel 1977 a Bologna il mondo sognava anche l’occupazione dell’Eden – ha raccontato Gianni Gandini -. E se oggi provassimo a prendere un giorno qualunque per paragonarlo, senza nostalgia, a quei giorni passati, ci accorgeremmo che su quella storia è scesa una nebbia collettiva».
L’arte ha il compito di diradare la nebbia rompendo gli schemi e per questo motivo, secondo l’autore, ha la necessità di essere crudele. «È l’unico modo che ha per avvicinarti alla verità. Con la sua perfezione l’arte ci dà un modello vincente che ci porta tutta quella bellezza che la vita ci nega».
Nel romanzo “Decennio rosso“, Massimo Battisaldo e Paolo Margini, utilizzano il verosimile per rivivere e riflettere sugli “anni di piombo” e sulle scelte irriducibili e crudeli che molti giovani di allora fecero mettendo in gioco la propria vita e quella degli altri. Dove c’è stato un dolore così profondo, la letteratura è l’unico strumento che offre la possibilità di nutrire lo sguardo dei protagonisti con sentimenti di speranza e umanità. Non dimenticare la propria umanità significa dare un senso a un’intera generazione che negli anni Settanta aveva vissuto cambiamenti giganteschi nella società. Il bisogno di conoscere i sentimenti di quella generazione ha portato alla scelta del romanzo. «Di saggistica su quel periodo storico ce n’è tanta, ma di letteratura poca forse perché stiamo parlando di una generazione veramente libera» hanno sottolineato i due autori.

Ancora una volta è stata la musica a riportare la narrazione della storia sul binario della relazione umana. Il cantautore luinese Marco Maffei ha dedicato il brano “Che sogni farai” a Massimo Battisaldo che durante la serata ha aperto il suo cuore al pubblico presente, condividendo aneddoti e momenti del suo passato, emozionando e emozionandosi.
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