Le telecamere negli alberi, così è stata stroncata la piazza di spaccio di Montegrino Valtravaglia
A processo sette persone per spaccio di droga: la genesi dell’inchiesta, l’osservazione controllo della polizia. “Gli ordini di droga fatti col telefono dei parenti”

C’era chi ordinava la «roba», forse pensando di mimetizzarsi tra i numeri di telefono e le utenze diverse, utilizzando il telefono di un familiare, magari della nonna che andava a trovare di tanto in tanto, giusto per allontanare i sospetti. Ma il lavoro certosino della polizia di Luino ha dato i suoi frutti, con un’indagine partita da una notizia confidenziale riguardante una postazione di spaccio che, otto anni fa, nell’autunno del 2017, venne scoperta a Montegrino Valtravaglia, in fregio alla strada provinciale 23, in un’area boschiva.
Gli agenti della polizia di Stato hanno quindi iniziato a osservare e verificare, persino cronometrando i tempi di percorrenza a piedi dalla strada asfaltata fino alla postazione di spaccio, dove avvenivano gli scambi. L’indagine è partita proprio da lì, dal controllo di due assuntori. Dalle utenze di questi ultimi è stato possibile ricostruire una sorta di albero genealogico dei consumatori di droga in quella parte del Luinese, un’area che non si discosta da altre per abitudini di acquisto e vendita. I consumatori sono trasversali sul piano sociale: si va dagli studenti ai professionisti, che magari prima di andare al lavoro si concedono una sniffata, o che si riforniscono a ridosso del weekend per svago. I venditori, invece, sono spesso di origine maghrebina.
La polizia, alla fine, ha chiuso il cerchio: ora sono a processo cinque marocchini e due italiani per detenzione ai fini di spaccio di droga. Le indagini vennero condotte con le tecniche più tradizionali, come il servizio “Ocp” (osservazione, controllo e pedinamento) svolto sul campo, ma anche con l’ausilio di videocamere ben occultate, sfruttando ogni elemento disponibile, persino i tronchi degli alberi, per monitorare i traffici e documentare i passaggi di mano delle sostanze stupefacenti, che ora sono prove in sede processuale.
Proprio partendo dagli assuntori, la polizia ha potuto ricostruire i loro “stati di famiglia“, che rivelavano la contiguità tra i tossici e i loro familiari o conviventi. Spesso, inconsapevolmente, i telefoni di questi ultimi diventavano il mezzo con cui venivano effettuati gli acquisti di droga.
Nelle prossime udienze verranno ascoltati altri testimoni dell’accusa.
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