L’elogio della follia sindacale: la sfida di Aloisio (Fim Cisl) per un lavoro più equo
Inclusione, sicurezza e nuove tutele: la Fim Cisl dei laghi riparte dai più vulnerabili per rafforzare i diritti di tutti
C’è un po’ di Erasmo da Rotterdam, un po’ di Steve Jobs e un po’ di Moni Ovadia nella relazione congressuale di Gennaro Aloisio segretario provinciale della Fim Cisl dei laghi.
Oylem Goylem. Aloisio come i vecchi cantori yiddish prende atto che, in questa fase più di altre, il mondo è pazzo. E allora da bravo sindacalista prova a mettere sul piatto una proposta adeguata. Ma per farlo, ha ragione lui, ci vuole follia. Qualcosa che rompa gli schemi e getti un po’ di luce su questi tempi oscuri.
Del resto il folle nella storia, come spiega bene Aloisio nella sua relazione, ha avuto anche un ruolo propositivo e ascoltare il “pazzo” era anche un modo di includere.
INCLUDERE PER PARTECIPARE
Ed è proprio l’inclusione il punto di approdo dell’ispirato incipit del segretario. «Se vuoi partecipazione al sindacato, devi includere» ha ripetuto Aloisio a se stesso e alla folta platea di metalmeccanici che aveva di fronte. I numeri sono importanti, ma sono muti e pertanto non rivelano lo sforzo per dare «maggiore rappresentanza alle categorie più vulnerabili, con un’attenzione speciale a giovani, donne e migranti».
Nella Fim Cisl dei laghi queste tre categorie di genere sono cresciute nel triennio. I giovani under 35 rappresentano l’11%, le donne il 25% e i migranti il 13% del totale degli iscritti. Dovrebbe essere normale in una società globalizzata e multiculturale, ma purtroppo non lo è. Ecco perché Aloisio deve ricorrere all’elogio della follia per far passare un concetto normale: se si garantiscono queste categorie di persone, allora avrai garantito tutti, perché è lì che si nascondono le trappole della disparità di trattamento che possono colpire qualsiasi categoria di persone a seconda di come tira il vento politico.
COSTRUIRE UN AMBIENTE DI LAVORO PIÙ EQUO
L’obiettivo è dunque «Costruire un ambiente lavorativo più equo e accessibile per tutti» attraverso lo strumento principale, il contratto collettivo nazionale. Aloisio fa un esempio interessante che riguarda i migranti. Tra le prime proposte avanzate dalla Fim Cisl vi è la richiesta di inserire nel Ccnl una normativa che permetta di destinare una parte del trattamento di fine rapporto, la cosiddetta liquidazione, per coprire le spese di rimpatrio della salma in caso di morte. Inoltre, si chiede di introdurre una procedura che consente ai lavoratori migranti di designare preventivamente un erede per lo sblocco del TFR rimasto in azienda o nel fondo pensione, evitando lunghi iter burocratici e costi aggiuntivi per le famiglie.
LE GENERAZIONI NEL SINDACATO
In questo congresso è emerso un problema generazionale, richiamato sia nella relazione dal segretario provinciale sia in alcuni interventi dei delegati. «C’è un problema culturale enorme – ha spiegato Aloisio – chi non è iscritto al sindacato non attribuisce le vittorie e i diritti acquisiti alle organizzazioni sindacali, ma alla generosità dell’azienda. Probabilmente 50 anni fa, alla stessa domanda anche i non iscritti avrebbero risposto chiaramente “grazie al sindacato”, consapevoli che l’azienda distribuisce ricchezza se sollecitata dall’instancabile azione sindacale. Dobbiamo trovare il modo di sensibilizzare i giovani nell’accrescere la loro conoscenza sulla partecipazione e azione sindacale, in relazione ai nuovi obiettivi da definire insieme ai giovani stessi».
LA CRISI DEL MANIFATTURIERO
La relazione ha proseguito sui temi che entrano a pieno titolo nella contrattazione collettiva: sicurezza, formazione e azioni a livello europeo per affrontare le sfide globali. Ad ascoltare Aloisio al tavolo dei relatori c’erano Massimiliano Nobis, della segreteria nazionale della Fim Cisl, e il segretario regionale Mirko Dolzadelli. In prima fila i segretari della Fiom Cgil, Nino Cartosio, e della Uilm Altomilanese, Fabio Dell’Angelo, impegnati in quest’ultimo anno in alcune vertenze sul territorio, prima fra tutte quella dello stabilimento Beko Europe di Cassinetta di Biandronno, diventate il simbolo della crisi del manifatturiero italiano.
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