Procrastinazione eccessiva: prevenzione del disturbo da deficit attenzione e iperattività
Questo disturbo neuropsicologico, spesso sottovalutato soprattutto in età evolutiva, può manifestarsi attraverso una scarsa gestione del tempo, difficoltà nel mantenere la concentrazione e un marcato evitamento dei compiti complessi

La procrastinazione eccessiva non è sempre una semplice mancanza di motivazione o volontà. In molti casi, può rappresentare un campanello d’allarme legato a difficoltà più profonde, come quelle associate al Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD). Questo disturbo neuropsicologico, spesso sottovalutato soprattutto in età evolutiva, può manifestarsi attraverso una scarsa gestione del tempo, difficoltà nel mantenere la concentrazione e un marcato evitamento dei compiti complessi.
Quando il rimandare diventa sistematico e interferisce con il rendimento scolastico, lavorativo o personale, è fondamentale riconoscere precocemente i segnali. Questo permette a genitori, insegnanti, tutor e professionisti della salute mentale di offrire un sostegno mirato, prevenendo il consolidarsi di abitudini disfunzionali. Attraverso un approccio integrato, è possibile promuovere strategie di autoregolazione, rinforzare la fiducia nelle proprie capacità e costruire una quotidianità più stabile e organizzata.
Riconoscere i segnali: attenzione, impulsività e disorganizzazione
La procrastinazione persistente non è sempre una scelta consapevole, ma può riflettere una difficoltà concreta nel gestire l’attenzione, il tempo e le emozioni. Nei soggetti con ADHD, il cervello fatica a filtrare le distrazioni e a mantenere il focus su compiti che richiedono uno sforzo prolungato. Questo si traduce in una costante lotta contro la disorganizzazione, la fretta impulsiva di passare da un’attività all’altra e l’incapacità di portare a termine ciò che è stato iniziato.
I segnali più comuni che dovrebbero destare attenzione includono:
- continui rinvii di compiti scolastici o lavorativi, anche quando si conoscono le scadenze;
- incapacità di iniziare attività strutturate, specie se percepite come noiose o difficili;
- frequente perdita di materiali o oggetti necessari allo svolgimento delle attività;
- discontinuità nell’impegno e cali di concentrazione improvvisi;
- emotività intensa legata a frustrazione, ansia o sensi di colpa per non aver concluso ciò che si doveva fare.
Questi comportamenti, se presenti con regolarità e in più contesti, possono indicare che la procrastinazione è solo la punta dell’iceberg. Riconoscerli e interpretarli nel modo corretto consente di intervenire prima che il disagio comprometta il rendimento e l’autostima della persona, in particolare nei bambini e negli adolescenti, ma anche negli adulti spesso non diagnosticati.
Strategie preventive e abilità da sviluppare
Affrontare la procrastinazione eccessiva in presenza di ADHD richiede un intervento strutturato, orientato allo sviluppo di abilità pratiche e cognitive. Non si tratta solo di correggere comportamenti, ma di offrire strumenti che permettano alla persona di organizzare la propria mente e le proprie giornate in modo più funzionale.
Una delle prime azioni utili è la creazione di routine stabili e prevedibili, con orari chiari e spazi ben definiti per le diverse attività quotidiane, come lo studio, il gioco o il lavoro. Fondamentale è anche l’utilizzo di strumenti visivi, come calendari, timer, planner e checklist: questi strumenti rendono il tempo più concreto e facilitano la pianificazione delle attività, aumentando la chiarezza e il senso di controllo. Altrettanto importante è l’insegnamento di tecniche per suddividere i compiti complessi in micro-obiettivi più semplici, così da ridurre il senso di sopraffazione e migliorare l’avvio delle attività.
Inserire pause regolari e strutturate all’interno delle attività aiuta a mantenere alta l’attenzione e a prevenire il sovraccarico cognitivo, favorendo una maggiore continuità nell’impegno. A queste strategie organizzative si affiancano approcci più profondi, come l’educazione emotiva, che permette di riconoscere e gestire emozioni quali frustrazione, ansia o senso di colpa, e il problem solving, utile per affrontare in modo costruttivo gli ostacoli percepiti.
L’obiettivo non è eliminare ogni forma di procrastinazione, ma potenziare la capacità di autoregolazione, riducendo l’interferenza dei sintomi dell’ADHD nella vita quotidiana. Sviluppare queste abilità migliora l’autonomia, rafforza la motivazione e consente di affrontare le sfide con maggiore sicurezza.
Ruolo della rete di supporto: famiglia, scuola e professionisti
Contrastare la procrastinazione legata all’ADHD non può essere lasciato alla sola iniziativa individuale. È fondamentale costruire una rete di supporto coerente e coordinata, che coinvolga la famiglia, la scuola e i professionisti della salute mentale. Ogni contesto frequentato dalla persona deve contribuire a creare un ambiente strutturato e prevedibile, capace di ridurre le distrazioni e sostenere lo sviluppo di abilità organizzative.
In ambito familiare, genitori consapevoli e informati possono diventare alleati fondamentali, offrendo sostegno emotivo e accompagnando i figli nella gestione delle attività quotidiane senza cadere in atteggiamenti punitivi o eccessivamente direttivi. A scuola, insegnanti e tutor possono fare la differenza adottando strategie didattiche inclusive, come l’uso di indicazioni chiare, tempi dilatati per lo svolgimento dei compiti e momenti di feedback personalizzato.
Il coinvolgimento di psicologi, neuropsichiatri o psicoterapeuti garantisce un inquadramento preciso delle difficoltà e la progettazione di interventi mirati, sia a livello individuale sia familiare. La collaborazione tra queste figure consente di monitorare i progressi, adattare le strategie e affrontare eventuali ostacoli emotivi o comportamentali che ostacolano la crescita.
Quando tutti gli attori educativi e clinici condividono obiettivi chiari e strumenti comuni, è possibile creare un percorso che promuova l’autonomia, la fiducia e la stabilità emotiva. La riduzione della procrastinazione diventa così parte di un più ampio processo di evoluzione personale, in cui la persona non solo impara a gestirsi meglio, ma può anche riscoprire il piacere di essere efficace e presente nella propria quotidianità.
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