A Gaza stanno massacrando i bambini
Sentirlo è un conto, vederlo è un altro e voltare lo sguardo è inaccettabile

Le foto in questo articolo sono di Belal Kahled, tratte dal video che ha realizzato ad ottobre 2024 e che racconta un anno di guerra a Gaza.
La strage di Gaza la si può chiamare “genocidio” come “legittima difesa”, sono parole: quale scegliate, i bambini morti restano sempre decine di migliaia. Non gliene può importare più, di come li chiamate. Vittime, martiri, scudi umani. Restano bambini massacrati, non diminuiscono di numero. Bisogna sapere, bisogna vedere.

E’ possibile seguire su Instagram diversi account di giornalisti palestinesi o di gruppi di civili che trasmettono quello che accade. Ogni sera, messi a letto i miei bambini, scrollo la bacheca e vedo pacchettini bianchi, a decine. Ammassati uno sull’altro. Sono i cadaveri dei bambini degli altri, avvolti in un drappo o in un sacchetto di plastica prima di essere sepolti, come vuole la tradizione musulmana.
E madri dilaniate dal dolore, che avrebbero preferito esserlo da un missile, che li stringono urlando il lutto. Bambini che raccontano la morte dei fratelli, dei genitori, dei cugini. Che tremano, con le pupille dilatate e ricoperti di polvere. Estratti vivi, alcuni ancora per poco, dalle macerie. Neonati inceneriti. Di alcuni non restano che dei pezzi.

Non si può fare finta che non esista. Diffondiamo ciò che accade. Anche la guerra ha paradossalmente le sue leggi, una sua Etica nella follia annientatrice. A Gaza è tutto sospeso. Si spara sulla croce rossa, giustiziandola. Si affama, si umilia, si scelgono i civili deliberatamente come bersagli.
Si spara su bambine di sei anni nascoste da tre ore sotto i cadaveri dei cugini, come accadde alla piccola Hind Rajab, bloccata in un auto circondata da carri armati e trucidata mentre era al telefono con la sua mamma. ( Qui l’articolo de La Repubblica . Di seguito il video racconto). I carri armati erano a pochi metri da lei, non potevano non averla vista e dagli audio si sono riconosciute le armi che le hanno dato la morte, in uso all’esercito israeliano.
Le parole non servono più, basta il Truman Show. L’Atroce va in scena, nessuno vorrebbe assistervi, ma ignorarlo è bestemmiare la vita. Questa sera, fra le tante immagini che straziano l’anima, ho visto una bambina di circa sei anni, morta, con indosso la stessa collana di mia figlia. Lo stesso fisico asciutto, gli stessi capelli castani, gli stessi ninnoli luccicanti di chi vede la vita sberluccicare.

Se qualcuno avesse ammazzato la mia – bianca, occidentalissima e sacra nella sua bambinità – in quel modo atroce, il dramma sarebbe stato protagonista di titoli e palinsesti. Di accorate dimostrazioni di solidarietà, di richieste di giustizia. Ma quella bambina, morta fra migliaia, non è che un numero fra tanti. Un sacchetto di plastica bianco con sopra una scritta di una lingua che l’Occidente non sa leggere, come il dolore di quelle madri con il capo coperto da un velo.

Come il dramma che si compie lontano dagli occhi, che questa sera come un groppo dal peso specifico di un buco nero, non andava giù più nella gola dell’impotenza. Ho pensato che l’unica mossa contro il senso di impotenza fosse la potenza delle immagini.

Mostriamolo l’Orrore, perché finché resterà nascosto non sarà additabile. E continuerà.
Account di giornalisti palestinesi che documentanto da Gaza cosa sta accadendo:
Belal Khaled ( @belalkh)
Seraj Ouda ( @Seraj_ouda )
Bisan Owda (@wizard_bisan)
Moamen Abo Alouf (@moamen_abulaouf)
Il video racconto di alcuni operatori umanitari che testimoniano come a Gaza decine di bambini siano deliberatamente colpiti dai cecchini o dai droni, dopo i bombardamenti.
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Difficile trovare l’aggettivo adatto per descrivere l’indifferenza dei governi occidentali e non di fronte a questo genocidio. Gli ebrei da vittime sono diventati carnefici. Non hanno imparato niente dal loro dolore.