Confindustria Varese ai sindacati: “Non usate la formazione finanziata come strumento di protesta sul rinnovo del contratto dei metalmeccanici”
La nota stampa dei presidenti delle imprese meccaniche e siderurgiche varesine dopo l’annuncio di Cgil, Cisl e Uil di voler sospendere la sottoscrizione dei piani formativi nelle aziende del settore che sul territorio conta 400 realtà per 29.200 addetti

«Un atto incomprensibile e senza precedenti. Una forma di protesta del tutto insensata perché non ha nulla a che vedere con il merito della questione, ossia il rinnovo del Contratto Nazionale, e che va contro gli stessi interessi dei lavoratori, oltre che delle imprese. Così si creano tensioni inutili su terreni di confronto nei quali abbiamo sempre saputo fare insieme la differenza in senso positivo, soprattutto in provincia di Varese». Così il presidente del gruppo merceologico delle imprese “meccaniche” di Confindustria Varese, Carlo Del Grande, commenta la comunicazione arrivata all’associazione imprenditoriale da parte dei segretari generali territoriali di Cgil, Cisl e Uil di condividere e voler dar seguito al blocco di «quegli aspetti normativi che necessitano di un parere positivo delle rsu (rappresentanza sindacale unitaria, ndr) e delle organizzazioni sindacali» annunciato nel comunicato congiunto di Fim, Fiom e Uilm nazionali, insieme alle altre forme di protesta per spingere Federmeccanica e Assistal a riaprire il negoziato per il rinnovo del Contratto Nazionale dei metalmeccanici. (nella foto da sinistra Carlo Del Grande e Massimo Garavaglia)
I FONDI PER LA FORMAZIONE HANNO TARGET UNIVERSALI
In pratica, spiega Del Grande, «abbiamo ricevuto la comunicazione che i piani formativi e i progetti di formazione di aziende che fanno riferimento al ccnl metalmeccanico non verranno sottoscritti dalle organizzazioni sindacali territoriali fino a data da destinarsi. Bloccando così di fatto la formazione finanziata nelle imprese del settore attraverso i fondi interprofessionali come Fondimpresa».
A fare da eco alle parole di Del Grande è il rappresentante dell’altra anima del sistema produttivo del settore, Massimo Garavaglia, presidente delle imprese “siderurgiche, metallurgiche e fonderie” di Confindustria Varese: «I fondi sono stati creati con le organizzazioni confederali, con target universali, a prescindere dal Ccnl di riferimento, con la finalità di rendere più accessibile la formazione dei lavoratori, tramite una bilateralità positiva e costruttiva. Legare questo mondo alla protesta per un rinnovo contrattuale vuol dire assumersi il rischio di far perdere credibilità ad un intero sistema di relazioni costruite con duro lavoro e fiducia reciproca nelle commissioni bilaterali e su cui si è basata la nascita dei fondi interprofessionali». Oltre che «a causare un danno in primis agli stessi lavoratori».
NESSUN ABBANDONO DEL TAVOLO
Non è così, secondo Del Grande, che i sindacati possono riportare il sistema Confindustria al tavolo del negoziato per il rinnovo di un contratto nazionale che in provincia di Varese riguarda 400 imprese per più di 29.200 addetti. E un tasso di adesione all’ultimo sciopero dei lavoratori che sul territorio, al netto del caso del tutto particolare di Beko, è stato inferiore alla media nazionale: 15,42% secondo i dati riscontrati da Confindustria Varese tra le proprie imprese associate (25,13% tra gli operai, 5,42% tra gli impiegati). «Anche perché – precisa il presidente dell’industria meccanica varesina – quel tavolo Federmeccanica non lo ha mai abbandonato. Quella che Federmeccanica ha presentato e che i sindacati continuano a definire una contro-piattaforma in realtà è una risposta punto per punto a tutte le questioni avanzate dai rappresentanti dei lavoratori. Una proposta che vuole conciliare i bisogni di lavoratori e lavoratrici con la necessità delle imprese di non perdere competitività sui mercati. Con aspetti migliorativi rispetto alle richieste sindacali su diversi punti come la sicurezza sul lavoro, il welfare aziendale, la previdenza complementare, la contrattazione aziendale».
STIAMO PERDENDO COMPETITIVITÀ
Questo nonostante siano state Fim, Fiom e Uilm a presentare una piattaforma non in linea con le regole confederali e di categoria, sottolinea Garavaglia: «Negli ultimi due rinnovi ci siamo dati tutti regole molto chiare: il Ccnl deve garantire l’adeguamento dei minimi tabellari all’inflazione (IPCA NEI). Ciò ha garantito ai lavoratori del settore la tutela del proprio potere d’acquisto. Nel periodo 2008-2024 le retribuzioni nominali lorde sono cresciute del 45%, mentre l’inflazione del 31%. Le retribuzioni in termini reali sono aumentare di circa il 10%. Ciò mentre la produttività delle imprese cresceva solo del 4,4% con un costo del lavoro per unità di prodotto balzato del +35,5%».
Per Del Grande e Garavaglia la sintesi è molto chiara: «Stiamo perdendo competitività. Qualsiasi aumento della retribuzione che vada oltre la copertura dell’inflazione deve avvenire solo con la produzione di ulteriore ricchezza e là dove è stata prodotta. Ne va della tenuta del sistema produttivo, dei posti di lavoro e dell’interesse generale. Le relazioni industriali devono essere strumento di sviluppo non un freno alla crescita».
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