Da sovversivo a presidente: Luigi Roncari, il socialista di Bogno che guidò la Provincia di Varese dopo la Liberazione

Imprenditore, fu nominato alla guida dell'ente il 2 maggio 1945, nel giorno in cui finiva la guerra in Italia. Un compito che per mesi portò avanti da solo, tra mille problemi a partire dal bilancio e dalla disoccupazione

Luigi Roncari Varese

Pubblichiamo qui il nuovo contributo di Claudio Mezzanzanica, frutto di ricerche d’archivio, sul fascismo in provincia di Varese e sull’opposizione antifascista nel corso del ventennio di regime e durante i venti mesi di Resistenza

 

“…Il detto Roncari… dovrebbe appartenere a una organizzazione che lavora contro lo stato fascista, anzi sembrerebbe quasi che nella Provincia di Varese fosse il Capo di tale organizzazione.”
Così scrive l’ufficio tedesco di frontiera, a Pino Tronzano, il 30 dicembre del 1943.

Acclusa alla descrizione della figura “alta, imponente, slanciata, con pizzo” c’è il mandato di cattura.
Alla GNR, la Guardia Nazionale Repubblicana, il mandato di cattura non basterà. Lo apprendiamo da una lettera che Roncari riceve in Svizzera, dove ormai è internato, dalla sorella. In quello scritto lei gli raccomanda di non tornare in Italia perché “sarebbe irrimediabilmente dannoso alla sua salute”.

Ma chi è Luigi Roncari, questo uomo altamente pericoloso per i nazisti e i fascisti di Salò?
Nel 1943 ha 64 anni. È schedato dalla polizia del Regno come socialista dal 1910 e nel 1922 è già segnalato come attivamente antifascista. Per tutto il fascismo sarà controllato dall’OVRA. Nel 1926 viene allontanato da Santa Margherita Ligure, dove si è rifugiato presso alcuni parenti, perché intratteneva rapporti con individui sovversivi.
I rapporti del 1930/31 lo descrivono in perenne movimento tra Milano, Varese e Lugano per ragioni di affari che sarebbero invece una copertura per tenere legami con i fuoriusciti. Il sospetto della polizia deriva dal fatto che Roncari è più che benestante e gli impegni di lavoro apparirebbero fittizi.

Luigi Roncari Varese
Il documento dell’ufficio tedesco di frontiera al valico di Pino

Nel 1921 ha venduto l’azienda di famiglia, un cotonificio a Besozzo, per dedicarsi completamente alla politica. Per sei anni, dal 1914 al 1920, è stato sindaco di Bogno, oggi frazione di Besozzo, eletto nella lista del Partito Socialista. Nel 1921 viene eletto Consigliere Provinciale nel collegio Besozzo/Laveno.

È in questa veste che il 7 novembre 1922 si reca alla Vice Prefettura di Varese per discutere col Vice Prefetto della occupazione del Comune di Besozzo da parte dei fascisti e della decisione di commissariare il Comune.
Il suo arrivo eccita i fascisti che sorvegliano l’edificio e dopo poco un manipolo entra negli uffici con un bicchiere di olio di ricino per lui. Il Vice prefetto, conte Capialbi, è già passato al fascismo. In agosto, quando il Comune di Varese era stato invaso dalle squadracce si era presentato sul balcone dell’edificio per festeggiare l’evento. Ma la somministrazione dell’olio di ricino nei suoi uffici era troppo anche per lui, alla fine Roncari viene trattenuto fino all’arrivo dei carabinieri e in tarda serata viene riaccompagnato a casa.

Luigi Roncari Varese

Se gli squadristi non riescono nel loro intento, la polizia fascista non si dimenticherà certo di lui. Gli anni che passano da quella serata di novembre del 1922 al luglio del 1943, cioè alla caduta di Mussolini, sono per Luigi Roncari anni di preparazione. Le trame, le connessioni mantenute in quei venti anni si attiveranno immediatamente. La sera dell’8 agosto 1943 Roncari partecipa ad un incontro semiclandestino alla trattoria “SALITA” di Bosto. Vi partecipano noti esponenti antifascisti come Giuseppe Ganna e Pietro Bortolon, entrambi mandati al confino negli anni Trenta, e Renzo Caprini, più volte arrestato e bastonato, che diventerà presidente dell’Ufficio del lavoro dopo la Liberazione. Con loro ci sono due operai, un ambulante, due rappresentanti, un esercente e un ragioniere. È il variegato mondo antifascista. Il rapporto di polizia di quell’incontro descriverà Roncari come “Commendatore di Milano, residente a Gallarate, questo si vuole sia il finanziatore, porta barba lunga un vestito nero e un cappello largo”. Nessun altro è descritto e nasce così il racconto che in quei mesi lo porta a diventare uno dei massimi nemici del regime.

Il suo attivismo è veramente frenetico. Milano, Pino Tronzano, Besozzo, Varese, Gallarate sono le tappe dei suoi movimenti prima dell’8 settembre. Poi l’impegno per la costituzione delle brigate Matteotti.
Tra il gennaio del 1944 e il marzo di quell’anno ci sono almeno quattro mandati di cattura nei suoi confronti. Roncari decide allora di rifugiarsi in Svizzera sperando di rientrare in Italia attraverso la Val d’Ossola ma il progetto sfuma perché, come abbiamo visto, viene internato e l’aiuto dei socialisti ticinesi non basta a liberarlo.

Rientra in Italia il 25 aprile e viene immediatamente nominato tra i giurati che dovranno giudicare gli uomini del regime mussoliniano. Il 2 maggio viene nominato Presidente della Provincia.
Inizia così un lavoro amministrativo che durerà fino alla primavera del 1948.

In questo compito Roncari sarà solo fino all’agosto del 1945, quando riuscirà ad essere affiancato da una giunta. Il lavoro è immenso. Tra le competenze ha quello di ripristinare le strade e i ponti distrutti dalla guerra ma non ci sono soldi, anzi gli ammanchi di cassa sono notevoli.

Nel primo bilancio del 1945 rivela che al momento di assumere la presidenza ha trovato un buco di 26 milioni. Quando riesce a chiudere il bilancio 1943 trova un ammanco di oltre 80 milioni. Cifre da far tremare i polsi e qui emerge la tempra dell’uomo.

Tempesta le autorità centrali: governo, esercito, Croce Rossa perché gli paghino il dovuto, soprattutto per il sequestro dell’ospedale psichiatrico di Varese. Dal settembre del 1943 la struttura è stata sequestrata prima dai tedeschi e poi dall’esercito italiano. La provincia ne paga le spese, il personale e anche le rette dei 560 malati che sono stati trasportati altrove. Soldi che non ci sono. Nessuno risponde ai suoi solleciti e così nella primavera del 1946 la Provincia di Varese, attraverso il suo Presidente, cita lo Stato per danni. Perfino il Prefetto lo appoggia e questa azione otterrà l’effetto sperato.

I tre anni di attività dal 1945 al 1948 sono condotti con la frenesia e l’energia con cui ha partecipato alla lotta antifascista. Sotto la sua presidenza, tra l’altro, si apre il Liceo Scientifico a Busto Arsizio, si avvia l’accordo con la Provincia e il Comune di Milano per la gestione della Malpensa e si comincia un importante piano di opere pubbliche per affrontare la disoccupazione.

Socialista sempre, al servizio della causa tutta la vita, integerrimo nella amministrazione, con lo sguardo che va lontano, Luigi Roncari è uno degli uomini che non solo ha combattuto e sconfitto il fascismo ma è stato uno dei costruttori dell’Italia dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale.

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Pubblicato il 24 Aprile 2025
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