Il sottosegretario alla Giustizia Ostellari in visita ai Miogni di Varese: “Interventi entro i prossimi 18 mesi”
Il Senatore ha sottolineato l'urgenza di un intervento di sistemazione per migliorare la permanenza sia dei detenuti sia del personale. Sulla carenza di organico dei tribunali ha ventilato la possibilità di concorsi su base regionale
Una realtà abbandonata per oltre due decenni, con problemi strutturali e spazi inadeguati. È questa la fotografia attuale del carcere di Varese, emersa nel corso della visita istituzionale effettuata nel pomeriggio di oggi, lunedì 14 aprile, dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari. ( il carcere era stato dichiarato dismesso nel 2001)
Il tema del sovraffollamento, pur presente in forma contenuta, rappresenta solo uno degli aspetti critici: «Quello che abbiamo potuto verificare – ha sottolineato Ostellari – è l’assenza, per circa 24 anni, di una reale programmazione in materia di edilizia penitenziaria. Questo istituto è stato sostanzialmente abbandonato».
Per risolvere le criticità il sottosegretario indica due vie: «Occorre un’opera di ristrutturazione dell’edificio, da pianificare anche con il supporto del territorio. L’amministrazione comunale ha manifestato disponibilità di fornire uno spazio (l’attuale caserma della Polizia Locale) che possa ampliare gli spazi, a beneficio non solo del personale ma anche dei detenuti».
Tuttavia, oltre alla manutenzione dell’esistente, occorre avviare una riflessione più ampia proiettata al prossimo decennio: «Credo che sia una valutazione da compiere assieme a chi rappresenta questa città. Un nuovo istituto penitenziario potrebbe rappresentare un’opportunità, soprattutto sotto il profilo trattamentale: spazi adeguati per il lavoro e la formazione, che sono strumenti fondamentali per la rieducazione. Il 98% di chi entra in un percorso formativo serio non torna a delinquere. È su questo che dobbiamo investire».
I prossimi passi concreti
Sul piano operativo, la priorità resta il miglioramento dell’attuale struttura: «Stiamo valutando come liberare spazi gli occupati dalla caserma, eventualmente spostandola in un’area che l’amministrazione si è detta disposta a mettere a disposizione. Questo ci permetterebbe di rendere più fruibile l’edificio. È una pianificazione da realizzare entro l’anno o, al massimo, entro un anno e mezzo».
Nel medio-lungo periodo, però, si attende una risposta chiara da parte del territorio: «Varese, come altre città di pari dimensioni e complessità, merita un istituto con spazi adeguati, idonei alla formazione e al reinserimento sociale. La disponibilità da parte nostra c’è, ma deve nascere da una volontà condivisa a livello locale e poi centrale».
Tribunali di Busto Arsizio e Varese: risorse in affanno, ma il cambiamento è in atto
Anche la situazione dei tribunali di Busto Arsizio e Varese non è priva di criticità. «Abbiamo ereditato un sistema giudiziario che deve viaggiare a 300 all’ora senza averne la capacità – chiarisce il senatore Ostellari – mancano risorse e personale, sia amministrativo sia giudiziario».
La strategia per invertire la rotta è già stata avviata e prevede un’importante stagione di assunzioni:
- 2.600 nuovi cancellieri a livello nazionale entro la fine del 2025;
- 350 ufficiali UNEP, figure centrali per il funzionamento degli uffici giudiziari;
- Stabilizzazione di circa 6.000 funzionari UPP, impiegati negli Uffici per il Processo, a partire dal termine del PNRR (giugno 2026).
Il nodo del radicamento territoriale
La vera sfida, tuttavia, riguarda la permanenza del personale sul territorio: «Una misura che potrà fare la differenza è l’accordo con la Regione Lombardia, sulla scia di quanto già fatto con il Veneto. La convenzione prevede l’assunzione tramite lo scorrimento di graduatorie regionali, favorendo così l’ingresso in ruolo di persone residenti nella stessa area. Un primo passo concreto verso concorsi su base distrettuale e regionale, unica vera soluzione per trattenere personale qualificato nelle regioni del nord».
Uno sguardo oltre le emergenze
«Le misure previste forse non saranno ancora sufficienti – è stato ammesso – ma rappresentano un cambio di passo. Dobbiamo continuare a investire sulle persone, sulla formazione, sul radicamento territoriale. La giustizia ha bisogno di stabilità e continuità, altrimenti rischia di rimanere sempre in emergenza».
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