Jaylen Hands: “L’Italia è un’ottima scelta. Il futuro? Prima la salvezza di Varese”

Il bomber della Openjobmetis ospite di VareseNews. "Festeggiai la chiamata al draft con un gelato. NBA? L'importante è competere al mio massimo livello. Felice per il pallone in regalo dopo i 42 punti con Scafati"

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Pacato, sorridente, gentile, si apre in un sorriso quando scopre la saletta dedicata alla registrazione dei podcast. «This is my favourite!» esclama quando vede accendersi la scritta luminosa “On Air” al di sopra della porta. Jaylen Hands è il primo giocatore della Pallacanestro Varese a visitare “Materia”, la nuova redazione di VareseNews, per un’intervista che non è ancora un consuntivo di fine stagione, perché il numero 50 biancorosso ha ancora una missione da portare a termine: la salvezza matematica della Openjobmetis.

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Jaylen Hands con la maglia della Openjobmetis 4 di 16

La guardia 26enne, nata a San Diego, è l’uomo di riferimento per l’attacco della squadra di Ioannis Kastritis come lo era nella versione diretta da Herman Mandole. Un ruolo che lo ha portato a segnare oltre 19 punti a partita, secondo nella classifica marcatori di LBA dietro Rob Gray (che nel frattempo è andato in Turchia) e che probabilmente lo farà diventare il giocatore più prolifico del campionato in termini assoluti. E d’altra parte fin dal college (UCLA) il suo ruolo è stato quello di “punta” offensiva delle sue squadre, una situazione che lo ha fatto arrivare sino a essere scelto nel draft NBA del 2019, quello di Zion Williamson e Ja Morant.

Jaylen, questa è la sua prima stagione in Italia dopo aver giocato in Serbia, Germania, Belgio, Grecia e Spagna. Come giudica il livello della nostra Serie A?
«Ho un’ottima opinione del campionato italiano: il livello è alto e lo considero al pari con la Spagna. Mi piace anche come sia gestita l’organizzazione in generale: dal modo in cui si lavora in palestra fino ai canali social delle squadre e del torneo. Sono contento di aver scelto di giocare qui quest’anno».

Come invece giudica la vita quotidiana in Italia? Quali aspetti le piacciono e quali no? Lei arriva da San Diego: cosa le manca di casa?
«Ci sono molti posti piacevoli da visitare: Varese, certamente, mi piace come città ma poi nei giorni liberi ho visto Milano, la Svizzera, il lago di Como oppure nella pausa di febbraio sono volato in Marocco con la mia fidanzata che era venuta a trovarmi. Posti che altrimenti, dagli USA, sono difficili da raggiungere. In settimana invece non ho una vita movimentata: mi alleno, cucino un po’, guardo Netflix e faccio i puzzle anche se sono da tre mesi sullo stesso. Qui comunque è bello vivere: ho trovato locali piacevoli per cenare ma anche strade su cui guidare a lungo. Per quanto riguarda San Diego, ovviamente mi manca la famiglia, qualche ristorante che amo e… il meteo perché da noi fa caldo anche tra dicembre e gennaio. Ora qui dovrebbe arrivare il bel tempo» (lo dice guardando il playground esterno a Materia dove avremmo voluto realizzare l’intervista se non avesse continuato a piovere… ndr)

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Hands ai tempi di UCLA

Al college lei era accostato a Russell Westbrook tanto da ricevere il nomignolo “Baby Westbrook”. Un soprannome che le piace, in cui si identifica oppure una similitudine che può rivelarsi un peso?
«Direi che è una cosa piacevole anche se non l’ho mai del tutto “interiorizzato” perché ovviamente Westbrook è stato l’MVP della NBA. Lo prendo come un complimento naturalmente ma a dire il vero non ci penso in modo particolare».

Lei venne scelto al Draft NBA del 2019. Come visse quel momento unico nella carriera di un giocatore?
«Avevo disputato una buona stagione al college ma non sapevo se mi avrebbero chiamato quindi non andai alla cerimonia anche se il mio agente mi disse che c’era la possibilità di una scelta al secondo giro. Allora quella sera feci un pisolino, poi andai a prendermi un bel gelato di Cold Stone e quando tornai ricevetti la telefonata del mio agente. “Sei mai stato a Brooklyn?” mi domandò. “No perché?”. “Che importa… andrai a Brooklyn!”. Abbiamo festeggiato con tutta la famiglia: fu davvero fantastico».

Lei purtroppo non hai mai giocato in NBA: è un obiettivo ancora vivo oppure ha deciso di concentrarsi sulla carriera europea?
«Io e la mia famiglia pensiamo che l’obiettivo sia quello di giocare al livello più alto possibile. Quindi, certo, la NBA resta un obiettivo ma allo stesso tempo non è tutto, non è un’ossessione».

Jaylen Hands in visita a VareseNews
Hands in visita a VareseNews – foto T. Massara

Fino a oggi lei ha cambiato squadra ogni estate. È stata una sua scelta precisa oppure questo è dipeso dalle dinamiche del mercato? E quanta possibilità c’è di rivederla a Varese l’anno prossimo?
«Il fatto che io abbia cambiato spesso maglia dipende soprattutto dalle dinamiche europee. Qui la maggior parte delle squadre offre un anno di contratto e quindi poi tutto deve essere ridefinito. Poi per noi americani contano anche diversi altri fattori: siamo lontani da casa quindi il posto in cui giochiamo deve soddisfare le nostre esigenze sia per quanto riguarda la vita quotidiana, sia per lo stipendio, il livello di competizione, il fatto che piaccia ai nostri familiari. Per quanto riguarda me e Varese credo che per prima cosa ci si debba concentrare sulle partite che ci mancano da qui alla fine del campionato in cui dobbiamo cercare di ottenere il massimo. Poi vedremo cosa succederà».

Restiamo a Varese: come avete affrontato il cambio di allenatore? Era inevitabile? E cosa è cambiato tra Mandole e Kastritis?
«Quando si cambia l’allenatore si va ovviamente incontro a due filosofie differenti: credo che in questi casi il compito di noi giocatori sia quello di presentarsi in palestra e dare il meglio di noi stessi. Quindi, da questo punto di vista, non mi interessa molto di come cambino le dinamiche: il mio obiettivo è quello di farmi trovare pronto. Detto questo, sono contento del lavoro che sta svolgendo coach Kastritis perché ha migliorato il nostro gioco soprattutto in difesa, ma mi trovavo bene anche con Herman e gli auguro un buon futuro per la sua carriera nel basket».

Romeo tra i canestri della California, dove Jaylen Hands è un mito

Contro Scafati ha realizzato 42 punti, il record per la LBA di questa’anno. Cosa si prova in quei momenti? A cosa ha pensato? C’è stato un complimento che le ha fatto piacere particolare?
«Beh, c’era la soddisfazione per aver segnato tanto ma anche perché in quella partita siamo riusciti a ribaltare la differenza canestri vincendo con 13 punti di vantaggio, una situazione importante per la classifica. E poi mi hanno regalato il pallone della gara e me lo porterò a casa negli USA come ricordo quest’estate. Tra i complimenti ricevuti, forse i più belli sono stati quelli di Luis Scola».

Lei conosceva già Luis prima di venire a Varese? Che rapporto ha con lui?
«Lo conoscevo perché ricordo Scola giocatore soprattutto con la maglia di Houston. Mi ricordo proprio la sua figura: alto, con la fascia in testa, i capelli un po’ lunghi e… quel tiro da fuori con cui faceva canestro spesso. Oggi con lui ho un buon rapporto ma penso che valga un po’ per tutti dentro alla squadra: è una persona molto coinvolta, molto pratica, che ha dato vita a un progetto importante e che ha accanto anche la famiglia. Mi piace molto quello che sta facendo per Varese».

Questa domanda è un po’ delicata: è vero che lei e Jaron Johnson avete litigato, probabilmente a Pistoia?
«Con me? No, posso solo dire che Jaron è un ottimo giocatore».

Per concludere, in attesa delle ultime partite, che bilancio fa della sua annata a Varese?
«È stato un anno difficile perché sono cambiate un sacco di persone all’interno della squadra dall’inizio a oggi. Però apprezzo molto chi è rimasto accanto a me: apprezzo ogni allenatore, ogni giocatore, ogni membro dello staff che fa parte del nostro programma perché sento che tutti stanno dando il massimo. E allo stesso tempo voglio ringraziare i tifosi che ogni domenica ci sostengono con passione: è bello vedere come tutti a Varese cercano di promuovere la Pallacanestro».


di Damiano Franzetti – Ha collaborato Raffaele Piscopiello
Si ringraziano Pallacanestro Varese, Marco Gandini, Federico Pisanti

Damiano Franzetti
damiano.franzetti@varesenews.it

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Pubblicato il 17 Aprile 2025
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