Raccontare Leica: immagini che pensano, immagini che restano

Un oggetto che è macchina e simbolo, pensato con attenzione ai materiali, alla loro sostenibilità, alla possibilità di creare strumenti che durino nel tempo, anche nel rispetto della cura che mettiamo nelle cose che scegliamo

Generico 14 Apr 2025

Ho partecipato all’evento organizzato da Leica a Milano per celebrare i suoi 100 anni di storia, e ho deciso di scrivere di questa esperienza non tanto dal punto di vista tecnico, ma da quello che più mi muove: il racconto. Leica, più che un marchio, è un modo di vedere, e soprattutto di raccontare attraverso la fotografia, attraverso il pensiero.

Ogni foto è una scelta, ogni scatto è già un punto di vista. Leica da sempre invita i suoi fotografi – e chiunque guardi attraverso uno dei suoi mirini – a fermarsi, a pensare, a osservare, a scegliere cosa mostrare, ma soprattutto: come farlo.

Durante l’evento è stata presentata anche la nuova Leica M11 “100 Years of Leica – Milan, Italy”, un’edizione limitata che omaggia la città di Milano e il suo ruolo nella cultura visiva, nella moda, nel design, nella fotografia stessa. Un oggetto che è macchina e simbolo, pensato con attenzione ai materiali, alla loro sostenibilità, alla possibilità di creare strumenti che durino nel tempo, anche nel rispetto della cura che mettiamo nelle cose che scegliamo.

Fino al 13 aprile, lo spazio Leica di via Mengoni a Milano ospitava una mostra dedicata al centenario. All’interno, un’installazione composta da 100 pannelli in vetro che, grazie a un raffinato gioco di luci, rivelano altrettanti modelli iconici di fotocamere Leica: è una retrospettiva luminosa che racconta l’evoluzione del design e della tecnologia attraverso il tempo. Un omaggio alla luce, che è materia prima e mistero della fotografia stessa. Senza luce, nessuna immagine è possibile.

“La fotografia è una prova di qualcosa”, dice Jane Evelyn Atwood, celebre per i suoi lavori sulle donne in carcere. “Ed è per questo motivo che dobbiamo essere onesti quando scattiamo una foto”. Non si tratta solo di fermare il tempo, ma di dare forma a ciò che pensiamo, di rendere visibile il pensiero.

Nei suoi Leica Store e gallerie in tutto il mondo, il brand continua a sostenere progetti sociali e umani attraverso premi come il Leica Oskar Barnack Award, che valorizza fotografi capaci di raccontare l’impatto dell’uomo sull’ambiente e la società. Nel 2021, la fotografa venezuelana Ana María Arévalo Gosen ha vinto il premio con il suo lavoro sulle condizioni delle donne nelle carceri latinoamericane, con uno sguardo intimo, dignitoso e potente. “Come storytellers visivi, noi fotografi siamo chiamati”, scrive. “Abbiamo la responsabilità di sviluppare e implementare strategie per generare un cambiamento di significato”.

C’è chi racconta la guerra, come Nick Ut, storico reporter vietnamita e vincitore del Leica Hall of Fame Award, autore della foto diventata simbolo dell’orrore del conflitto in Vietnam. C’è chi racconta miti e rivoluzioni, come Alberto Korda, che scattò con una Leica l’iconico ritratto di Che Guevara: uno sguardo dritto nel tempo, diventato leggenda.

E poi c’è chi, come Paolo Roversi, tra i più grandi fotografi di moda del mondo, ha esposto nella galleria Leica di Parigi un reportage dal suo viaggio in India: immagini velate, eteree, fatte di luce e sguardi. “Il mio obiettivo era rappresentare un’India piena di gioia e accoglienza. Ho cercato i loro sorrisi, non le loro lacrime”, racconta.

In tutto questo, Leica non è solo tecnologia o precisione ottica. È scelta, è cura, è narrazione del reale. In un tempo in cui l’immagine spesso corre più veloce del pensiero, rimettere al centro il racconto diventa un atto di consapevolezza. Uno scatto può essere un gesto rivoluzionario, se sa ancora restituire verità.

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Pubblicato il 18 Aprile 2025
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