Irresponsabili
I fatti di Genova portano allo scoperto uno dei mali della nostra epoca: manca il senso della responsabilità. Nessuno paga per le proprie azioni, se non i più deboli
«La reponsabilità non è che questo: la coscienza delle conseguenze delle proprie azioni».
Credo che gran parte dei mali dei nostri tempi siano dentro questa semplice frase scritta da Concita De Gregorio nel suo ultimo libro.
La realtà ci sbatte in faccia con tutta la sua violenza la nostra inadeguatezza. E uso la parola nostra a proposito, perché non basta prendersela con il politico di turno. Loro hanno responsabilità enormi perché ormai vivono in un mondo parallelo che non incrocia quasi più la condizione della stragande maggioranza dei cittadini. Loro hanno il potere di gestire e governare, e quindi non sono ammesse giustificazioni. Mai! Se non quelle umane. Il sindaco di Genova, ad esempio, si porterà dentro di sé il dolore per le morti della sua città. Massimo rispetto, ma lei amministra una città che è ferita a morte, e non solo da venerdì, visto che negli anni i disastri si ripetono uguali a se stessi.
Non è più una questione di destra o sinistra. Quella città, da sempre, esprime una classe politica progressista, eppure questo non la salva dai disastri. Fa sorridere sentire il segretario del più importante partito del centrosinistra prendersela con Alemanno per un allagamento a Roma, salvo poi fare distinguo a Genova. Non ci sono parole poi, quando si ascolta il governatore della Lombardia fare il trapezista per giustificare l’ingresso di alcuni consiglieri regionali, le cui doti sono quelle di avere un certo cognome, o di avere una certa intimità con Arcore.
Questa è oggi la politica. Quella del G20, che di giorno si confronta su come salvare le economie, e di notte va dormire negli alberghi da 30mila euro. Non ce ne vogliano, ma ricordano tanto Princesa, la trans brasiliana cantata anche da De Andrè, dove raccontava gli insulti che i maschi italiani le rivolgevano di giorno, salvo poi andarla a cercare di notte.
Quando il meretricio arriva nei palazzi del potere occorre ripensare tutto.
Ma la questione non investe solo la politica. Un’amica si interrogava sulla tragedia di Genova, sulla possibilità di salvare almeno i bambini. Sotto sotto c’è un mix tra rabbia e fatalismo. La prima emozione è comprensibile, la seconda no.
Non è il fato, il destino a procurare morte. È una società che ha smarrito il senso di responsabilità. Una società ipocrita e cinica che fa finta di esser sensibile, che si commuove di fronte ai bambini morti, ma che poi il giorno dopo si comporta come se nulla fosse successo.
Rispetto a Genova, perché non si fa un elenco preciso? Chi ha fatto i progetti, chi ha dato i permessi di costruire, chi ha realizzato i lavori, chi ha collaudato, chi ha chiuso gli occhi, ecc ecc. ?
La responsabilità ci riguarda tutti, ma davvero tutti. Dalle nostre parti piace tanto la parola filiera. Ecco, ci potrebbe venire di aiuto nel leggere alcuni fenomeni come la scomparsa della responsabilità, e così scopriremmo che di fronte alla complessità delle sfide del nostro tempo, ognuno pensa per sè.
Si dirà che è sempre stato così. Si dirà che ogni fase storica di transizione ha portato squilibri e problemi. Ed è vero. Ora però abbiamo ben altri mezzi e ricchezza per poter dare risposte. Nel contenpo è vero che la velocità non aiuta. Proprio come i letti dei fiumi che non hanno contenuto la furia delle acque liguri. Proprio per questo occorre maggiore responsabilità da parte di tutti a partire dai piccoli gesti.
Poi, per qualsiasi classe dirigente incapace e incompetente, una sola parola: a casa!
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