La Inda chiude entro l’anno, 230 posti di lavoro a rischio

Si prospettano trasferimenti alla fabbrica di Pagazzano (Bergamo) per 32 persone, altre 113 persone a Vizzola Ticino. Iniziata la procedura di cassa integrazione speciale. Sindacati: «Chiediamo alla famiglia Fantoni di chiudere in bellezza e di mettere i soldi per i suoi lavoratori»

La Inda di Caravate, storica azienda (è nata nel 1944) leader nel settore dell’arredo bagno, chiuderà entro l’anno. La produzione degli accessori verrà concentrata sul polo industriale di Pagazzano, in provincia di Bergamo, fino ad ora dedicato esclusivamente alla produzione delle pareti doccia. Attualmente a Caravate lavorano 230 persone: 32 lavoratori saranno trasferiti a Pagazzano, 113 a Vizzola Ticino, dove c’è la nuova sede direzionale dell’azienda. Nel frattempo è già stata avviata la procedura per richiedere la cassa integrazione straordinaria che interesserà 125 lavoratori.
«Abbiamo risentito di questa difficile congiuntura di mercato – fa sapere in una nota l’azienda di Caravate -. La forte e capillare presenza commerciale e la determinante spinta innovativa messe in campo in questo ultimo periodo devono necessariamente confrontarsi con gli elevati e crescenti livelli di efficienza richiesti dai mercati globali. In questo contesto, lo storico polo produttivo di Caravate risulta oggi largamente sovradimensionato rispetto alle attuali esigenze del mercato ed è inoltre caratterizzato da un layout e da una logistica ampiamente superati».
I sindacati hanno indetto, per martedì 18 ottobre, un’assemblea con i lavoratori. «È un colpo durissimo per il territorio – dice Giuseppe Marasco della Fim-Cisl – la Inda è un’azienda che ha 60 anni ed è in sofferenza dal 2002, la condizione è drammatica. A questo punto le strade sono due: o si lotta per non chiudere questo sito produttivo, ma è difficile vista la situazione, oppure si lotta per ottenere le migliori condizioni possibili, studiando anche ipotesi di ricollocazione. Io chiedo però qualcosa di più: visto che la società non va bene ne risponda la proprietà. Perciò chiedo alla famiglia Fantoni di chiudere in bellezza visto che sono stati sempre attenti al territorio. Andrò a stanarli perché ci mettano i soldi».
La situazione sembra difficile, ben diversa dalle precedenti. La Inda, infatti, in questi ultimi dieci anni ha avuto almeno quattro mobilità. «È vero che i lavoratori si aspettavano qualcosa di brutto – dice Francesca De Musso, della Fiom Cgil -, ma non così, non una chiusura dell’azienda. Questo, oltre ad essere un fatto economico, è un fatto simbolico perché si cancella un pezzo di storia del territorio. Adesso, sentendo i lavoratori, dovremmo decidere se dare a tutti il paracadute della mobilità e della cassa integrazione straordinaria. Una cosa è certa: chiederemo alla proprietà di fare la sua parte. La famiglia Fantoni ha fatto tanto per il territorio e per i suoi lavoratori ed è grazie anche a questi ultimi se ha potuto prosperare. Ora devono chiudere questa storia con un bel gesto».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 17 Ottobre 2011
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