“Chiediamo solo di tornare a essere utili”
Incontro con i due profughi ospitati dal comune di Tradate nei locali della Protezione Civile: nigeriani, arrivano dalla Libia dove da anni avevano un lavoro: “Un viaggio infernale”
James sta mangiando una pasta al forno calda. Chinense sta pregando inginocchiato sul letto. Hanno 24 e 27 anni, arrivano dalla Nigeria e da quasi una settimana sono a Tradate, come profughi, accolti in un locale di via Isonzo a Tradate, nei capannoni della protezione civile, di fronte alla Guardia Forestale. Il posto è stato messo a disposizione dal comune, una stanza con bagno e una piccola cucina: «Molto meglio di come eravamo abituati, ma ci stiamo ambientando» raccontano i due, entrambi di origine nigeriana.
Parliamo tutti in un inglese stentato, ma ci capiamo. James è più loquace, mi fa accomodare e sembra contento di poter raccontare di sé. Ma non troppo. «La famiglia non ce l’ho più da quando avevo 16 anni, poi sono scappato fino ad arrivare in Libia» racconta, ma non spiega come abbia perso la famiglia. Alla domanda sulla questione rimane in silenzio e abbassa lo sguardo.
Chinense si trovava in Libia da due anni. Anche lui dice di non avere famiglia e non aggiunge particolari. Racconta del suo lavoro: «Facevo il meccanico» spiega semplicemente. James faceva il muratore. «Siamo bravi nel nostro lavoro» dicono entrambi, fieri.
L’esplosione della guerra in Libia ha cambiato le loro vite: «Non potevamo più rimanere, era pericoloso, non siamo libici e non era la nostra guerra – racconta James, mentre Chinense si limita a un semplice “same”, lo stesso -. Non potevamo tornare in Nigeria e l’unica soluzione era venire in Italia».
Il viaggio sul barcone è durato tre giorni e tre notti: «Eravamo in 200 o di più, tutti uno contro l’altro – prosegue James -. Ho passato il tempo a pregare, avevo paura, era pericoloso e ogni momento chiedevo a Dio di farmi arrivare a destinazione».
Entrambi hanno ancora fiducia nel futuro. Sospirano quando si chiede loro come lo immaginano. «Vogliamo rimanere in Italia, non andare in Francia o in Germania, vorremmo rimanere qui» spiega Chinense. Quando parla dell’Italia, James sorride: «La sogno da quando sono bambino, anche se non volevo arrivarci in queste condizioni».
Il sindaco Candiani nei giorni scorsi ha spiegato che avrebbe chiesto loro di ricambiare l’ospitalità, rendendosi utili per la comunità. Lo spieghiamo ai due: «È giusto e non chiediamo altro. Siamo grati alla comunità di Tradate che ci ospita e vorremmo poter ricambiare».
La settimana prossima inizieranno un corso di italiano, ma dicono che con il tempo sono disposti a fare qualsiasi cosa per aiutare. «Finora abbiamo girato solo un po’ a piedi la città, ma vorremmo tornare a sentirci utili. Per aiutarci in questo momento abbiamo chiesto una bibbia in inglese. Siamo fedeli e pregare ci fa sentire a casa».
Sembrano contenti di aver parlato. Vorrebbero rivedersi nei prossimi giorni. James chiede una sigaretta, ma non posso soddisfare la sua richiesta. Alza le spalle e mi accompagna all’uscita. Mi chiede se vado a casa. “Stasera” gli rispondo. Lui sorride e mi augura buona giornata.
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